PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICO

La difficoltà abitativa dovuta alla precarietà e allo sperpero del patrimonio immoiliare pubblico, spesso abbandonato e destinato al degrado, rivela le due facce della stessa medaglia. Da una parte redditi sempre più esili e dall’altra edifici vuoti, palazzi chiusi perché invenduti o in attesa di un compratore che trovi i margini per speculare: La caserma Sani di via Ferrarese a Bologna ne è un esempio.

Le questioni dell’abitare, del consumo di suolo, delle devastazioni ambientali e della privatizzazione/valorizzazione del patrimonio pubblico, al tempo della crisi, si intrecciano tra loro 
in modo indissolubile. Il modello di sviluppo che ha un orizzonte basato sul cemento, sull’azzeramento del welfare e sulle produzioni nocive non può essere ancora tollerato. Una politica di riduzione del danno, semmai praticabile, sarebbe poca cosa nella realtà attuale. Serve una voce collettiva che amplifichi un sentire comune, che dia vigore alla resistenza, di fatto ampia ma frammentata, di coloro che dicono no alla svendita del patrimonio immobiliare comune, no alla speculazione privata quando costruisce fuori dai bisogni reali.

IPAZIA E LE DONNE SAGGE O STREGHE

8 marzo 2013



Serata stellata e simposio filosofico-femminista e storico culturale 
Per continuare a “a  frugare tra le stelle”  con Ipazia e le donne sagge o streghe.


Dalle ore 19 alle 23

Nella sede di Comuni Mappe – presso HUB, via Luigi Serra, Bologna, Bolognina.

1° atto: conversazione  filosofica e storico culturale “sul pensiero  filosofico  neoplatonico e l’attività scientifica di Ipazia d’Alessandria”  
con  Pino de March e Glauco Miranda

2° atto: presentazione  “dell’immaginario e dell’esperienza delle donne sagge o streghe  in Europa” 
con Sandra Schiassi

3° atto: presentazione documento visivo sulla “genesi del movimento femminista degli anni 70 “ 
con Antonietta Laterza

Durante la serata cena sostenibile con vini dei “campi aperti” o “genuino clandestino”
Ipazia d’Alessandria un’insegnamento contro il fondamentalismo e la misogenia

L’8 marzo 415 dell’era nuova,  al tempo dell’imperatore fondamentista cristiano Teodosio, una scienziata ed una  filosofa della Scuola neoplatonica di Alessandria d’Egitto, viene rapita ed assassinata da fanatici monaci parabolani al servizio del vescovo Cirillo della città di Alessandria (oggi San Cirillo di Costantinopoli). Le fonti storiche ricordano la sua morte per l’efferatezza con cui è stata compiuta: le furono strappati gli occhi con gusci di conchiglie affilatissimi, per aver osato come donna ed astronoma frugato nei cieli –la casa di Dio-, fu scorticata e tagliata a pezzi perché il suo corpo-sapere fosse una volta per sempre disperso ed incomponibile, e alla fine bruciata per disperdere ogni traccia.

 “…fu trucidata dai cristiani in  quanto  irriducibile alle pretese della nuova religione (fondamentalista cristiana) che chiedeva sottomissione, obbedienza cieca , rinuncia alla libertà di pensiero (alle donne in prima istanza e poi anche a tutti gli altri). Insieme a lei, in nome di Cristo e con il beneplacito dell’imperatore  romano (Teodosio) venne distrutta la biblioteca d’Alessandria,  la più grande del mondo antico, di cui Ipazia, era diventata Rettrice dopo la morte del padre, Il matematico Teone.”
“ I monaci parabolani non erano una setta di  fanatici cristiani . Era un’associazione creata dallo zio di Cirillo, Teofilo; nata con l’apparente scopo di aiutare le popolazioni in caso disastri naturali, ma che in realtà erano come le SS naziste o come le squadraccie fasciste: 600 monaci-assassini al servizio del  vescovo, che ammazzavano dietro ordine del loro capo, il vescovo patriarca d’Alessandria d’Egitto Cirillo.”
1 Note storiche culturali : materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il manifesto  10-4-2010                 
“Ipazia  insegnò filosofia neoplatonica a cristiani e pagani, fece numerose scoperte nel campo della matematica e fece conoscere ai suoi allievi le opere di Archimede, Diofanto ed Euclide. “Ipazia era una scienziata di grande levatura, ma non un’eccezione in Alessandria d’Egitto e in quell’epoca fu l’ultima filosofa-scienziata  della Scuola Alessandrina, della prima per caratteristiche università  al mondo (pluralità di saperi ricercati e trasmessi), un’università durata per quasi 800 anni….”
2 Nota storica culturale : materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il Manifesto  10-4-2010
“L’imperatore Teodosio aveva emanato un editto dopo l’altro, proibendo tutte le religioni che non fossero quella cristiana, pena la morte; dando l’ordine di bruciare tutti i tempii pagani, le sinagoghe ebraiche, di chiudere i Misteri Elusini e le Olimpiadi.  Prima di fare tutto questo,  Ambrogio vescovo di Milano, ispiratore e consigliere dei vari editti imperiali, gli aveva ordinato di bruciare i luoghi più pericolosi al mondo: le biblioteche! .  E quella di Alessandria per prima;  quella di Alessandria d’Egitto era una biblioteca rivoluzionaria; c’erano 700.000 volumi di cui 400.000 originali, ed una biblioteca aperta non solo agli studiosi  ma a tutta la gente, al popolo! “
“Ad alessandria d’Egitto … c’erano gli studi più avvanzati sul corpo umano, sulla botanica, fisica, chimica, astronomia, meccanica, filosofia, musica, e nella biblioteca, a disposizione di ogni studioso  o cittadino, c’era tutto lo sibile umano. Ipazia inoltre aveva creato anche strumenti utili, come l’aerometro, l’idroscopio,  l’astrolabio, per trasferire la teoria nella scienza sperimentale”
3 Note storiche culturali: materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il Manifesto  10-4-2010
L’impero romano decadente e la chiesa cattolica nascente
“ l’impero romano morente tentò di salvarsi afferrandosi alla chiesa cattolica nascente, ma per la sfortuna dell’umanità intera- proprio in quelli anni vissero ed operarono cinque abilissimi e spietati uomini politici, tutti accomunati da una misogenia radicale, quasi tutti futuri santi e padri della chiesa: Ambrogio a Milano, Agostino ad Ippona e Cartagine, Teofilo e Cirillo ad Alessandria, la terra più difficile da conquistare per la chiesa cattolica, città multietinica, multiculturale, multireligiosa, dove regnavano libertà inimmaginabili a quell’epoca, di conseguenza l’impero romano, che ormai seguiva fedelmente le scelte dettate dalla chiesa, tolse le indennità ed immunità all’unica comunità che poteva contrastare culturalmente Teofilo e Cirillo, la scuola di Ipazia. Il prefetto agusteo Oreste stimava molto la scienziata Ipazia, ed aveva intuito che Cirillo aveva la possibilità di annettersi l’intero Egitto in quanto poteva comandare 12000 monaci, più i fedelissimi  600 monaci-assassini, i parabolani. Chiese al reggente dell’imperatore romano d’Oriente, Antemio, in Costantinopoli,  di ridare subito indennità ed immunità ad Ipazia e alla sua scuola. Antemio capì e la attuò. …questa fu la goccia che fece traboccare il vaso del vescovo Cirillo:  ogni giorno cominciò a predicare contro quella donna  che non smetteva di dedicarsi ai numeri, alla musica e agli astrolabi: una strega!   E così Pietro il Lettore, il capo deio monaci-assassini, amico intimo del vescovo Cirillo….alla testa dei suoi sgerri aspettarono Ipazia (fuori dalla sua scuola),  l’afferrarono, la trascianarono nella nuova cattedrale cristiana del Cesareo.  Pietro  il Lettore, la denudò, le cavò gli occhi che gettò sull’altare di marmo bianco e poi la dette in pasto ai parabolani che la fecero a pezzi con dei gusci di conchilie affilate, poi misero i  suoi resti in alcuni sacchi di iuta e li trrascinarono per la città, fino al Cinerone, dove li bruciarono assieme alla spazzatura, urlando, chiamando Ipazia col nome con cui Agostino d’Ippona definiva le donne: “immondizie”.
Era l’8 marzo del 415 dell’era nuova “ma  non fu massacrata solo una grande scienziata.  Furono cacciati, esiliati ed uccisi anche quasi tutti gli ebrei, pagani, novaziani di Alessandria, furono fatti sparire tutti gli allievi di Ipazia, fu bruciata la biblioteca più grande del mondo antico assieme a tutte le altre di: Pella, Atene, Antiochia, Efeso, Pergamo. Ebbe inizio l’oscurantismo che fece precipitare il mon do nel buio.  Lo storico Gibbon in “declino e caduta dell’impero romano”, definì questa macchia “incacellabile” nel cristianesimo”.
4 Note storiche e culturali: materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il Manifesto  10-4-2010
Fondamentalismo e misogenia dei padri della chiesa
Fondamentalismo cristiano non è legato solo alla misogenia di un imperatore e di un vescovo, ma fu alimentato dalle scritture e pensieri di altri padri della chiesa:
S. Agostino, dottore della chiesa sostenne che:
 “la donna è un animale né saldo né costante; è maligna e mira a umiliare il marito, è piena di cattiveria e principio di ogni lite e guerra, via e cammino di tutte le iniquità; di lei si dubita che abbia un anima.”
S. Tommaso d’Aquino, dottore della chiesa e patrono delle Università Cattoliche oltre che inventore della seconda scolastica quella aristotelica,  non fu più leggero nei giudizii sulle donne di quello che è stato Agostino:
“la donna è un errore della natura, con la sua eccessiva secrezione di liquidi e la sua bassa temperatura essa è fisicamente e spiritualmente inferiore; è una specie di uomo mutilato, fallito , e mal riuscito; la piena realizzazione della specie umana è costituita solo dall’uomo.”
Di opinioni non discordi sulle donne un altro dottore della chiesa Sant’alberto Magno:
“il seme maschile fa nascere forme perfette, ossia, ma se per  qualche avversità esso si guasta, allora fa nascere femmine… perché nel coito c’è solo deformità, turpitudine, immondizia, ribrezzo. “
Ma tra tanto fondamentalismo e  misogenia cristiana si distingue il vescovo Sinesio, allievo di Ipazia, che documenta la sua persecuzione.
Sinesio una vita fondata sulla ragione
“A Sinesio dobbiamo innanzitutto riconoscenza per le lettere che lui scrisse ad Ipazia, fra i documenti più importanti che la storia ci ha tramandato sulla vita e sul pensiero della rande scienziata alessandrina; Sinesio fu allievo eccezionale di Ipazia, scelse di accettare la carica di vescovo di Cirene per motivi politici (per contrastare il fondamentalismo e la misogenia degli altri padri cristiani) … ma a Teofilo e a Cirillo disse che lui, non avrebbe mai rinunciato alla moglie e ai filgi, che non avrebbe mai tradito l’insegnamento più prezioso che Ipazia gli aveva trasmesso: la sua vita fondata sulla ragione! Che lui si abbracciava il cristianesimo, ma che mai nessuno gli avrebbe fatto credere alla fiaba della resurrezizone di Cristo!”
4: Note storiche e culturali: materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il Manifesto  10-4-2010
Le scuse di  Papa  Wojtila e  della chiesa contemporanea 
“Papa Wojtila chiese ‘scusa‘ solamente per ‘alcuni  figli della Chiesa‘ che commisero dei gravi errori. Papa Umberto VII e il suo braccio destro cardinal Bellarmino, che condannò al rogo Giordano Bruno e all’abiura Galileo, non erano dei figli della Chiesa, erano la Chiesa! Il Papa chiese perdono a Dio, non alle vittime di tanti roghi e genocidi, e solo per gli ‘errori’  commessi nel secondo millennio: quelli del primo, fra cui il massacro di Ipazia e di tutta la comunità pagana ed ebraica di Alessandria d’Egitto, per lui non contano.  E poi per quanto riguarda la pedofilia di cui è coinvolto il Vaticano, la risposta di Ratzinger : “è semplice chiacchericcio! Non  ci faremmo intimidire.”
5: Note storiche e culturali: materiale tratto  da un  intervista di Massimo di Teo ad Adriano Petta – su Alias il Manifesto  10-4-2010
                 
E  mai più nessuna donna avrebbe dovuto frugare tra le stelle”  (…. )
La sua morte cruenta neil corso dei secoli è diventata il simbolo delle persecuzioni religiose cristiane; e a queste persecuzioni seguirono altre, quelle delle donne sagge definite malvagiamente streghe nelle piazze e cattedrali d’Europa.                                        
Le streghe (o donne sagge)
“ la caccia alle streghe imperversò in tutta l’Europa cristiana  (cattolica e poi protestante) dal XIII al XVIII secolo. Iniziata nel 1258 con una bolla del Papa alessandro IV ,  si promulgò (senza sospensione temporanea  alcuna) fino al 1728 quando l’ultima volta in Europa una strega venne bruciata . cinque secoli che vedono il passaggio dal Medioevo all’età moderna, dal feudalesimo alle monarchie assolute, dall’aristotelismo scolastico all’illuminsimo; ma le persecuzioni contro le streghe, contro le donne sagge persiste identica. Mentre nelle corti italiane e quelle francesi, poi nei salotti, si disputa di arte, amore, cultura e libertà, nelle campagne si scatena la peresecuzione contro chi osa ribellarsi; coloro che, fedeli ad un patrimonio culturale antico, rifiutano l’ingerenza dell’autorità ecclesiastica sono arse vive a migliaia suile pubbliche piazze. E’ interessante notare che la Chiesa dei primi cristiani di fronte alle pratiche di magia e ai riti rivolti alle divinità pagane, non asume un atteggiamento di aperta persecuzione, bensì si limita a dichiarare falsi ed illusòri i prodigi stregoneschi ed eretico chi vi crede: ammettere l’esistenza di questi fenomeni, sia pure per combatterli, avrebbe significato dar loro una specie di avallo. Ma di fronte al loro persistere Sant’Agostino dichiara di credere nell’esistenza della stregoneria, pur considerando di natura psichica manifestazioni quali metamorfosi, levitazione… si giunge quindi alla bolla del 1258 con cui si considera eretico chi non crede all’effettiva esistenza dei fenomeni di stregoneria, ritenuti opera del demonio.  Ma occorre subito sottolineare  un punto: molto rara è la figura dello stregone: un vescovo italiano del 1600 arriverà a proclamare che ogni mago o negromante si trovano 10 000 streghe!  La stregoneria è considerata ed è un affare preminentemente di donne, non solo, ma si arriva perfino ad affermare che il nascere3 femmina predispone  a diventare strega. D’altra parte mettere in relazione il fenomeno della caccia alle streghe solo con la persecuzione messa in atto dalla Chiesa nel periodo summenzionato non consente di comprenderlo nella sua complessità
Le donne riconosciute come  sagge, depositarie di saperi  e temute come streghe
E’ necessario tornare indietro, agli albori della civiltà, poiché la strega, maga, diavolessa, saga, fattucchiera, la donna quale fonte di pericolo e depositaria di male, è un’immagine ricorrente in tutta la storia patriarcale.
Fin dai primordi le donne in qualità di raccoglitrice di erbe e bacche avevano imparato a riconoscre le piante medicinali e le qualità psicogene di alcune di esse, il cui uso può spiegare certe particolarità attribuite alle streghe in tutte le epoche: levitazione, mutabilità, metamorfismo.  La strega è un elemento importante in molte culture primitive; essa  è temuta non in quanto malefica ma perché depositaria di poteri oscuri e innafferabili. Questa funzione  magica assume diverse caratterizzazioni a seconda dei luoghi e dei momenti.
La maga poteva essere considerata emissaria di un culto barbaro, portavoce di una cultura di minoranza, sacerdotessa di una divinità caduta in disgrazia (dea madre del neolitico o Medea proveniva dalla Tessaglia; per i romani  le maghe erano sabine o marsiche). Racconti di streghe si trovano nel mondo germanico, nei racconti slavi, nelle saghe nordiche.
Ma la strega non è mai una figura isolata; attorno ad essa si raccolgono molte donne: le Menadi e le Baccanti sono sacerdotesse di un culto orgiastrico assai popolare in Grecia e nella Roma repubblicana e poi in quella imperiale. Il culto di Demetra come quella di della Magna Mater Cibele è la versione rispettivamente greca e romana di quelle  di una più antica divinità femminile che si ritrova all’origine di ogni civiltà (Istar, Iside ecc.), connesso con le fasi lunanri. La periodicità di queste fasi  infatti, fin dai tempi più remoti, era stata messa in relazione con i cicli della donna in base ai quali si era cominciato a scandire il tempo. Anche il succedersi delle stagioni veniva messo in relazione con il ritmico alternarsi delle fasi lunari: la luna era considerata una presenza benefica, indispensabile per la la crescita, in quanato essa fa germinare i semi, crescere le piante, partorire gli animali e le donne. Le donne si trovano pertanto sotto  la protezione della luna con la quale hanno in comune il potere di generare e di far crescere ogni cosa e persona.  La luna nei suoi diversi aspetti viene identificata con una divinità trina, molteplice che non si può definire univocamente (Ecate triformis). 
(ed anche qui la Chiesa  declinerà nella nuova  forma patriarcale maschile (padre, figlio e spirito santo)
Testo tratto da  Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
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I  Sabbath
I riti delle streghe –sabbath – venivano celebrati in date che il cristianesimo aveva fatto proprie  assumendole direttamente dalla tradizione dei culti lunari (1 maggio- Calendimaggio, 1 novembre ogni santi,  2 febbraio Caldelora, mezza estate Assunta); si svolgeranno nei boschi o sulle colline, con la partecipazione di grandi folle (vi sono testimonianze di 25 000 persone). L’atmosfera era di grande libertà ed ebbrezza: vi si svolgeranno banchetti, canti, danze frenetiche (la ridda del sabba era un ballo in tondo assai ritmato ch si danzava schiena a schiena). Nel sabba, folle provenienti da vari paesi si incotravano senza restrizioni: l’unica condizione era presentarsi senza armi e, per gli uomini farsi accompagnare da una donna. Questi riti costituivano anche una rivolta contro le restrizioni sessuali: la Chiesa proibiva i mattrimoni fra consanguinei fino al 6 grado, il signore feudale, per non perdere un servo, ostacolava le unioni con le forestiere. Durante i riti invece tutti potevano incontrarsi liberamente; le tenebre  e l’ebbrezza consentivano di abbandonare gli schemi legati alle convenzioni  sociali per unirsi segeundo i propri desideri. Tuttavia “mai una donna ne tornò incinta “. Si dice che anche le nobildonne vi partecipassero e ne attingessero cognizioni abortive e contraccettive.
Testo trattto da  Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
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Messe nere, donne sagge e persecuzioni  religiose
Messe nere
Dal XIV secolo in poi si diffonde l’uso delle messe nere, rito dissacratorio che segue punto per punto  l’andamento  della messa, per esorcizzare il Bene identificato con il Signore, l’autorità,  il padrone. Protagonista di questo dramma diabolico (rovesciato simbolicamente) è la donna, sacerdote, altare, ostia con cui si comunica tutto il popolo. Nella sua disperazione la donna-strega trova l’audacia, nella fedeltà a una tradizione antica la forza per schernire le manifestazioni del potere dominante, mantenendo in vita una tradizione femminile che cercava di opporsi all’invadenza di una civiltà decisamente  antiphisis (anticorporea ).  E così molte streghe saliranno al rogo con fierezza,  atesta alta, testimoni di valori antichi.
Testo tratto da  Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
I sabba
I sabba sono descritti nelle testimonianze degli oppositori (le uniche esistenti) come  luoghi dove avvengono ogni  sorta di delitti: sodomie, incesti, congiungimenti con il demonio, uccisioni di bambini….Queste accuse riprendono, stravolgendone il senso, alcuni elementi presenti nell’antico rituale  della luna: una delle rappresentazioni della dea era la scrofa che mangia la prole:  ad essa nell’antichità venivano offerti sacrifici umani;
testo tratto da Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
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Donne sagge  e il medico per il popolo Paracelso
La saga (donna saggia) per la sua conoscenza delle erbe e delle loro proprietà curative, era l’unico medico per il popolo (Paracelso dichiara di aver  imparato dalle streghe tutta la scienza); essa era l’unica disposta ad alleviare l’antica condanna “partorirai con dolore. Queste sue abilità le  verranno ritorte contro accusandola di preparare veleni e filtri per fatture e malocchi, e di derivare il suo sapere dall’accoppiamento col demonio (V. Conforti, streghe guaritrici).
Testo tratto da  Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
La caccia alle  streghe  dei giudici inquisitori  redattori del Malleus Maleficarum (martello delle streghe)
La gente che per ricorrere ai servigi delle streghe, si lascia facilmente convincere che sono loro le responsabili di ogni digrazia. La psicosi dilaga, come sempre quando si identifica il capro espiatorio dei mali che affliggono la società in una vittima che non può diffendersi .  le delazioni si susseguono a catena qunado l’autorità ecclesiastica promuove  la crociata contro l’eresia con la bolla “Summis desiderentes affectibus “  del 1484.   In quello stesso anno Innocenzo VIII incarica H. Kramer  e J. Sprengher , giudici inquisitori  di Germania, di compilare una relazione di stregoneria.  Questa sarà il tristemente noto  Malleus Maleficarum (il maglio delle streghe), antologia di ogni sorte di accuse fondate sul pregiudizio e l’ancestrale paura del diverso. La colpa ha carattere eminentemente sessuale: si insiste ossessivamente sui contatti carnali col demonio, su elementi osceni, sull’impurità nella natura femminile.
 Testo tratto da Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
Malleus Maleficarum  e l’Inquisizione cattolica-romana
Questo  è il codice a cui faranno riferimento tutti gli inquisitori. L’epidemia della caccia alle streghe dilaga, la peresecuzione politica accende la persecuzione. L’isteria collettiva oscilla tra i deliri allucinatori di quelle che si immaginano di essersi  congiunte col diavolo e il delirio omicida di francescani e domenicani che le sterminano col fuoco.  Nei territori in cui il diritto canonico resta forte, i pro0cessi di stregoneria si moltiplicano, dove i tribunali laici avocano a sé quelli affari essi diventano rari e spariscono.  Ad esempio questo succede in Francia per circa cento anni fra il 1450 e il 1550. In Spagnainvece durante il regno della pia Isabella (1506), il cardinael Ximenes comincia a bruciare le streghe, a Ginevra,allora governata dal vescovo, ne arde 500 in 3 mesi (1515).  Nel minuscolo vescovado di Bamberga in poco tempo mette al rogo 600 donne  e quello di Wurburg  900.  Il metodo è semplice: adoperare dapprima la tortura  creando col dolore e lo spavento testimoni falsi, poi estorcere all’accusata con sofferenze insopportabili, una confessione, e quindi credere a questa confessione anche contro l’evidnza dei fatti. Alcune  sono di9sposte a confesssare persino senza la tortutra: molte sono in preda ad una specie di esaltazione dettata dalla deisperazione per le condizioni di vita cui sono costrette ed anche dalle suggestioni di vedersi attribuire poteri soprannaturali, tanto più lontani dal loro effettivo annichilimento.  Nel 1518 l’inquisitore manda sul rogo 70 streghe nel Val Camonica, altrettante ne imprigiona; quelle sotto accusa ammontano a circa 5000 cioè a un quarto della popolazione complessiva della vallata.  A Brescia nel solo anno 1510 sono bruciate 70 donne, e 300  vengono arse vive a Como nel 1514.  L’Inghilterra puritana,  non essendo soggetta all’Inquisizione cattolica, raggiuge solo nel secolo XVII l’apice della caccia alle streghe.  Documenti dell’epoca deplorano la fatica che gli uomini dovevano fare per trovare una sposa; essi erano costretti ad andare molto lontano a cercarla, poiché non solo le donne e giovanette, ma anche le bambine erano sterminate.  In alcuni paesi non si trovavano più persone di sesso femminile  al di sotto dei sette anni!. … il cardinale J. B. Bousset, nella  Francia del ‘700, si diceva convinto che l’Europa fosse minacciata da un esercito di streghe di cui auspicaca il rogo.
Testo tratto da Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
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Filosofi moderni complici  dei tribunali ecclesiastici della caccia alle streghe

I filosofi contemporanei non fanno nulla per contrastare  la caccia alle streghem anzi l’approvano:  F. Bacone e Malenbranche sono fra questi.  Persino  l’illuminismo sarà molto lento nel far luce su questo fenomeno.
La stregoneria fu dunque un vero e proprio –sessuocido  (femminicidio diremmo oggi) : si ritiene che le sue vittime, in soli due secoli, abbiamo raggiunto il numero di 8 milioni di donne sagge  arse vive.
Testo  tratto da  Serena Castaldi e Liliana Caruso –l’altra metà della storia – casa editrice G. D’Anna –Messina-Firenze 1975.
Testo di ricerca attiva ed di elaborazione permanente  di Pino de March

RI/SOLUZIONE CIVILE

UNA – Lettera ad Ingroia e ai 4 lords della sinistra extra-parlamentare (cioè rimasta fuori dal parlamento per mancato quorum) come testimonianza di una preannunciata sconfitta della lista 4° stato – EDUN Elogio  alla generosa presenza attiva del M5S (ma nessuna complicità con la  diarchia rivoluzionaria di Grillo)


In un testo scritto il 13/12/12, era il giorno dopo la fatidica data (12/12/12) che i Maya avevano preconizzato come giorno della fine del mondo, ipotizzai il fallimento del progetto che stava delineando il magistrato e un variegato arcobaleno di sigle. Le cose per il mondo e per l’umanità  sono andate molto meglio  di quanto sono andate oggi (27 febbraio 2013 ) al 4° Stato di Ingrioia e dei suoi complici suicidi novecenteschi (suicidi per la terza volta).
La mia lettera con tono ironico mal celava la rabbia per le scelte fatte da Ingroia di risuscitare i 4 lords (come appellavo ironicamente  i quattro leader della sinistra exparlarlamentare: Ferrero per rifondazione comunista,  Diliberto per comunisti italiani,  Bonelli per i verdi e Di Pietro per  Italia dei valori) e di mettere all’angolo la diffusa rete di cittadinanza  attiva fatta di nodi (aggregazioni spontanaee) e di assemblee estese in tutto il territorio (in particolare “cambiare si può”) … e dei vari comitati dell’acqua come Bene Comune, dei No Tav, no Ponte, dei movimenti per i Beni Comuni della città,  della cultura ecc.
Per amor di verità fra questi solo Ferrero si era reso disponibile per fare un passo indietro, come chiedevano le assemblee diffuse e cittadine – e di lasciar passare i prescelti cittadini/e delle assemblee territoriali.
Poi le cose andarono diversamente perché la maggioranza del partito di R.C. decise  di seguire gli altri aristocratici leader della sinistra extra-parlamentare; e qui l’intervento di Ingroia fu deecisivo, con un colpo da mago scelse di costruire una lista a pettine: un cittadino comune / un aristocratico lords.
Dopo questa decisione le assemblee territoriali implosero e la maggioranza scelse il riflusso e  l’attesa fine delle elezioni 2013; altri, una piccola minoranza di realisti – lealisti – di sostenere Ingroia e pochi altri, come me,  scelsero di rimanere attivi nei nodi sopravissuti di A.L.B.A e di continuare a sostenere mobilitazioni e lotte contro la riprivatizzazione dell’acqua da parte delle amministrazioni locali e per il referendum che si farà a maggio a Bologna per una  ripensata scuola pubblica di tuttti e tutte (statale, comunale e regionale)  e contro il finaziamento ad una scuola paritaria e privata.
La presenza di Grillo e delle sue assemblee (preannunciata primavera italiana) non mi erano risultati indifferenti, condividevo molte delle proposte e della filosofia di cittadinanza attiva, attivazione attraverso i new media di una certa democrazia diretta e parteciapata, di prediligere i Beni Comuni  contro una visione liberista e di individualiasmo proprietario indifferente e cannibale delle comunità umane.
Una delle cose che mi tratteneva dal sostenere apertamente il movimento di Grillo era la verticalità  dell’organizzazione – diarchia – un certo dispotismo rivoluzionario, e la proprietà del logo del Movimento 5 stelle; diverso sarebbe stato il mio atteggiamento se al posto di trovarmi in Italia con M5S mi fossi trovato in Germania con il Piraten – dove tutta l’organizzazione è orizzontale assieme alle decisioni (lì siamo in presenza di una vera rete di iter dipendenza e di cittadianza attiva, responsabile di orgnaizzazione e decisione. Più interattiva, comunarda e libertaria). 
Ma la storia con i suoi eventi traumatici e con lo scherzo dell’omino gobbo (direbbe Benjamin), è  portatrice di verità  anche indigeste e di trasformazioni inaudite di cui non si può negare la presenza.
Quel 1/3 di gente comune, elettrice del 5 stelle, proveniente da varie aree politiche, ha determinato qualcosa di straordinario e di cui non si può far a meno di riconoscerne la valenza rivoluzionaria e civile (anche il movimernto di liberazione dal fascismo raccolse la gente migliore di ogni parte politica che non sopportava più quello spettacolo indecente, quelle guerre  e quella miseria e morte  diffusa che il fascismo aveva provocato); così oggi tutti noi non riusciamo più a sopportare Berlusconi e tute quelle forze che per anni non hanno saputo distinguersi eticamente e culturalmente.
Il 5 Stelle si deve emancipare dalla sua diarchia benefica e generatrice – per assumere quella responsabilità ed autonomia pirata.
Penso che i padri generatori non dovrebbero limitare la crescita dei loro figli e figlie e nemmeno la crescita autonoma della società: restino garanti del processo orizzontale e conflittale ma non soffochino la primavera sul nascere.
Va comunque riconosciuto il valore straordinario di Grillo. Come in tutte le piazze d’Italia non manca una statua a cavallo di Garibaldi non mancherà l’Italia di riconoscenza per Grillo giù da cavallo tra la gente comune. Grazie Garibaldi grazie Grillo; non è finito il tuo contributo all’Italia! Dei tuoi “giovani” cittadini in Parlamento e nel Paese sento che non potremmo farne più a meno,  neppure noi movimento diffuso di trasformazione per i Beni Comuni e per una società umana ecologica e sociale in un tempo di globalizzazione.
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Lettera aperta del 13/01 ad Igroia come testimonianza di una sconfitta preannunciata
Ad Ingroia e ai 4 lords della sinistra extra-parlamentare

« Ho partecipato a tutte le istanze assembleari di Cambiare si può– bologna – come alle molte altre di a.l.b.a (alleanza lavoro beni comuni ambiente), mi aspettavo una reale rivoluzione civile che nel suo significato manifesto o latente sta per… mettere la cittadinanza e le comunanze attive e volontarie emerse dalle lotte sociali nella condizione di emancipazione/liberazione attraverso quelle istanze dirette e partecipative che mirino a cambiamenti possibili-
« ad una desiderata autonomia e dignità... per uscire fuori dall’attuale sistema (dx, centro, sx) che tende ad infantilizzare, trasformando i cittadini in sudditi dipendenti clienti …
« sedurre – illudere e non istruire, informare, creare vere condizioni di vita attiva al fine di dare pieno valore a quella aspirata sovranità popolare
« ci aspettavamo da lei (Ingroia) una maggiore ascolto delle istanze di base ed invece ci siamo trovati nelle liste locali ancora degli alieni alla cittadinanza e alle nostre assemblee …
« come soggettività precarie liquide depresse oppresse e deluse sofferenti che aspiravano a nuovi livelli di responsabilità e a cambiamenti reali nelle condizioni di vita e sociale, ci aspettavamo un’altra cosa.
« ci siamo sentiti scippare e prosciugare le nostre istanze di base costruite in mesi di fatica ed impegno..
« non so cosa pensare della sua rivoluzione!!!
« la mia non è una lamentazione ma una denucia alla tradita fiducia in primis dal sistema dei micropartiti …
« proprorei per i 4 noti rappresentanti della sx … 4 seggi di senatori a vita come i lords inglesi (come riconoscimento definitivo) per farla finita una volta per tutte con queste istanze verticali.

« alle prossime elezioni orizzontali…

– uno dei comuni o della camera dei comuni- Pino De March


LA SOCIETA’ DEI TRE TERZI

Al di là di tutto le elezioni sono uno specchio fedele per capire come si orientano, nel marasma delle chiacchiere politiche diffuse dai  media, coloro che hanno deciso di andare a votare.

Sono andati a votare trentacinque milioni di elettori alla camera e trentuno al senato. Poco più di dieci milioni hanno votato la coalizione del pd, poco meno di dieci milioni la coalizione del pdl, otto milioni e mezzo le 5 stelle; al senato sempre le stesse proporzioni ma con qualche numero in meno per tutti. Poco più di due milioni hanno votato Monti. Tutto il resto si è spartito gli spiccioli. Si può dire che c’è stata una tripartizione negli orientamenti, con in più (ma senza contare molto) una sparuta compagnia di liberisti alla “monti tecnocrate”. 
Significa che: un terzo dei votanti è con il pd, un terzo con il pdl e un terzo con 5 stelle. Una tripartizione così chiara e leggibile non l’abbiamo mai avuta. Proviamo a immaginarci da dentro queste tre società. Sono tre componenti non riconducibili a settori ben definiti socialmente, per intenderci, non ci sono solo operai da una parte e imprenditori dall’altra, oppure studenti e operai uniti nella lotta contro i padroni. Non ci sono i precari da una parte e gli altri dall’altra. Sembra come se tutti siano immersi in una società liquida dove non più le appartenenze ma solo la percezione individuale ha la funzione di collocare nel mondo. In molti probabilmente alla domanda “cosa vuoi ?” risponderebbero di non saperlo ma di sapere per contro cosa NON vogliono.
Questa tripartizione probabilmente si è prodotta dentro alle stesse famiglie, tra padri, madri, figli, cugini. Si tratta allora di una separazione su idee e speranze e paure e tentativi di affidarsi a colui che si sente più degno di fiducia. Cerchiamo allora di individuare le categorie più importanti delle tre parti sociali emerse dal voto di questi giorni.
Gli elettori del pd sono persone serie (come il loro leader Bersani), sicuramente ci tengono alla sanità pubblica, all’istruzione, ai beni comuni, alle regole anti conflitto di interesse, ad una legge anti corruzione che sia seria etc. Spesso invece il vertice del partito ha dimostrato ambiguità su questi stessi temi, e proprio questo atteggiamento gli ha fatto perdere consensi. Vorrebbero stare dentro e fuori i palazzi del potere, dentro la finanza ma anche nelle piazze degli indignati.
Gli elettori del pdl… è difficile capirli, ma ci proviamo. Sono pensionati, casalinghe e gente che vede molta televisione, che ha bisogno di capire affidandosi a degli esperti, sono giovani cresciuti con la tecnologia e pieni di edonismo, figli di genitori desiderosi di rimanere per sempre giovani; poi ci sono anche i benestanti che hanno grandi interessi a rimanere in uno Stato inefficiente che lasci loro nell’assenza di regole la prerogativa di fare come meglio credono. La decantata libertà dei ricchi sappiamo cosa significa, produce privilegi per chi è già potente. Storicamente i ricchi e i potenti, essendo numericamente pochi, si affidano a dei ben remunerati imbonitori e ad azioni caritatevoli per avere la simpatia e l’appoggio degli ultimi, di coloro che, non aiutati da una sufficiente capacità critica personale, puntano sulle figure carismatiche abbracciate come modelli irraggiungibili eppure desiderati, come i divi, le star, “quelli che hanno avuto successo”.
Infine gli elettori del 5 stelle sono coloro che, molto delusi e schifati da tutti i politici, danno credito ad una narrazione affascinante, oramai consolidata da anni di interventi e discussioni e da una valanga di materiale variegato sparso per la rete. Vogliono la legalità, la trasparenza negli atti pubblici, la fine degli sprechi ambientali. Al seguito di pochi esperti di comunicazione hanno costruito un apparato fragile ma complesso, numeroso, poco organizzato, che si prova a fare politica. Si tratta di una fetta di società non strutturata, che parla un linguaggio comune fatto di pochi termini. La loro forza sta nell’entusiasmo, la fragilità nel non essere attrezzati a resistere a ipotetiche campane e a magie che isolano e attraggono con fascinazioni ad personam i singoli fino a corromperli. Bisogna sperare che facciano gruppo, che siano sempre seguiti e supportati da fuori, da un’opinione pubblica attiva e protettiva. 

Da questo quadro si può facilmente intuire che tra il primo gruppo (gli elettori del pd) e il terzo (gli elettori di 5 stelle) ci siano molti punti convergenti. Parlo di elettori e non di dirigenti, perché penso che nel pd molti vorrebbero disintegrare subito Grillo e i grillini (se potessero). Ma in questo momento gli elettori sembrano sopravvivere alle elezioni e continuare ad avere (c’è sempre lo spauracchio di un ritorno a breve alle urne) un peso nelle decisioni. Un contributo ulteriore lo da anche la stessa natura del 5 stelle che ha introdotto (bisogna dargliene merito) scampoli di democrazia diretta nel panorama politico.
Dunque in questo momento (e per i mesi a venire) abbiamo un esperimento di grande importanza da condurre tutti quanti: provare a fare alcuni provvedimenti strutturali che capovolgano gli assetti dello Stato italiano, che rompano con il passato (e con le cancrene tipicamente italiane) per dare vita ad una realtà nuova, in grado di fare un paese con regole certe e chiare, regole uguali per tutti, azzerando i privilegi di casta e di parentela, di famiglie abbarbicate a grandi associazioni clientelari e mafiose.
Oggi è possibile per la prima volta dalla nascita della Repubblica avere un governo con alle camere una maggioranza del 66% in grado di pulire velocemente gli ingranaggi istituzionali incrostati dalla sporcizia della corruzione, dall’avidità di personaggi per nulla interessati (anche se saldamente collocati in ruoli importanti) al bene comune.
Bisogna che un movimento di opinione e insieme politico, presente nelle piazze e attento a seguire ogni fase istituzionale, affianchi i prossimi passaggi dentro i palazzi del potere. La parola fondamentale deve essere TRASPARENZA.

Paolo Bosco

LIBERTINISMO FRANCESE

LIBERTINISMO FRANCESE COME PONTE TRA ORTODOSSIA SCOLASTICA E ILLUMINISMO
 Cyrano de Bergerac
           
Ad una visione schematica dello sviluppo del pensiero filosofico il “libertinismo” rischia di apparire una corrente decisamente minore rispetto ai grandi movimenti e alle grandi figure che dominano il pensiero del Seicento: Galileo, Descartes, Hobbes, Spinoza, Leibniz. 
Guardando  le cose più da vicino, ci si accorge che il processo di formazione di una nuova immagine del mondo si compie, lungo tutto il secolo, su uno sfondo nel quale il libertinismo svolge almeno in Francia, una funzione non secondaria, se non altro come punto di riferimento polemico dal quale prendere prudentemente le distanze.
Si pone allora il problema di un’esatta comprensione dei caratteri del libertinismo francese, delle sue problematiche teoriche, del suo significato politico e del ruolo svolto all’interno dell’emergente cultura borghese, tra utopia,  confornismo, eresia e  ribellione all’ortodossia cattolica e all’assolutismo monarchico;  e di ricerca del nesso che collega il liberinismo alle posteriori battaglie dei philosophes illuministi.
Nel Seicento ad una non lunga distanza dall’editto di Nantes(1598) , assistiamo in Francia alla nascita di nuovi ordini religiosi ed inziative caritative. Eppure in tutto il secolo sermoni e testi apologetici riflettono l’eco di affanose deplorazioni e confutazioni di molteplici manifestazioni di indifferentismo religioso, di eterodossie dottrinali, di vere e proprie eresie, visioni deiste ed ateiste.
Nota storica sull’Editto di Nantes e gli ugonotti:
 Enrico IV di Borbone, re ugonotto convertito dal calvinismo francese al cattolicesimo (1593), con l’editto di Nantes (1596) proclamò la religione cattolica religione dominante, imponendo la restaurazione del culto cattolico ovunque fosse stato soppresso, ma nel contempo  concesse libertà di culto agli ugonotti, l’eguaglianza dei diritti civili con i cattolici ed una serie di garanzie, tra le quali la più importante fu il possesso di duecento piazzeforti (una di questa la Rochelle);  il processo di accentramento e di consolidamento della monarchia francese si scontrò con le prerogative degli ugonotti; sarà Richelieu a stroncare le loro organizzazioni politiche e militari, sottomettendo la linguadoca ultimo loro focolaio di resistenza. Nel 1685 Luigi XIV, deciso a sradicare dal suo regno ogni dissenso religioso, revocò l’Editto di Nantes ed attuò con le armi la ricattolicizzazione della Francia. Ciò provocò l’esodo di molti ugonotti (circa 200.000) in Svizzera, Olanda, Germania, con grave danno per l’economia,dato che questi era dei provetti artigiani e commercianti.
Libertino
Un termine sempre più frequente, a designare il mutevole volto dell’incredulità, è –libertin-. dall’aggettivo latino libertinus, forma aggettivale di libertus, libertin è, etimologicamente, colui che è stato affrancato, che diventato libero; per traslato, passa a designare chi si pretende emancipato, dall’insegnamento dogmatico, dalle dottrine ortodosse (in particolare l’aristotelismo scolastico).
Nel Cinquecento il termine compare in alcuni scritti polemici di Calvino, a designare gli appartenti ad una setta protestante eterodossa.
Entrato in circolazione come una sorta di ingiuria teologica, esso vede in seguito progressivamente dilatarsi il proprio significato, fino ad indicare l’eterodossia non solo teologica, ma anche sotto il profilo filosofico-scientifico-etico e politico.
Sarebbe dunque impossibile, e comunque fuorviante, tentare una caratterizzazione univoca del libertinismo francese del Seicento: esso non costituì un vero e proprio movimento, ma fu piuttosto un insieme disorganico e mobile di atteggiamenti.
La parola   libertino come epicureo prima, è rimasta nell’uso corrente soltanto a significare “dissoluto”, “vizioso”: una connotazione dispregiativa che le deriva dagli oppositori polemici del libertinismo sulla scia delgi scrittori e filosofi medievali della scolastica in particolare tomistica, interpretando le tesi  epicuree come quelle  libertine secondo cui – il piacere è l’unico bene – come qualcosa di riprovevole per una certa ortodossia.
In realtà libertino significò nel XVII secolo –libero pensatore – e per libertinismo l’insieme delle dottrine e degli atteggiamenti che specialmente in Francia, letterati, magistrati, politici, fiolosofi, poeti e moralisti, ai quali si deve la critica delle credenze e superstizioni tradizionali religiose e popolari, delle imposture religiose monetiste e della preparazione e l’avvio successivo dell’illuminismo
Nota storica filosofica sugli illuministi:
Illuminismo:  movimento culturale e filosofico del XVIII sec. che si propone di rischiarare la mente di tutti gli uomini per liberarli dalle tenebre dell’ignoranza, della superstizione, dell’oscurantismo attraverso la conoscenza e la scienza. E’ spesso collegata alla prospettiva illuminista l’idea che l’ignoranza e la superstizione siano diffuse e mantenute nel popolo da chi detiene il potere per dominare le coscienze e tenere soggiogati i sudditi; l’emancipazione intellettuale diviene così anche emancipazione politica; sono stati considerati tali per certi aspetti anche i filosofi  greci: gli scettici, gli stoici e soprattutto  gli epicurei. Epicuro, si proponeva di liberare gli uomini dalla paura degli dei e della morte conducendo una critica della religione in nome della ragione; per questo è stato indicato come il grande illuminista dell’antichità. Ed anche per questa ragione sono stati considerati  tra filosofi di riferimento dei libertini francesi.
Le  critiche libertine rimasero in parte sotterranee, cioè rimase affidata ad una serie di scritti, conversazioni private, della quale si conserva traccia nella letteratura anonima e clandestina del Seicento.
Furono  sempre esercitata sul presupposto che restassero appannaggio di pochi, di una aristocrazia di dotti, per non mettere in pericolo, con la loro diffusione, istituzioni e costumi indispensabili all’ordine sociale. Il libertinismo rimase una filosofia radicale nella sfera privata che non investirà che minimamente la sfera pubblica.
In questo il libertinismo si lega alla cultura del Rinascimento in antitesi all’illuminismo che ha come programma la diffusione della verità tra tutti gli esseri umani.
Il libertinismo è per alcuni aspetti un movimento culturale che resta composito non univoco su posizioni conformiste ma anche utopiche.
Prenderò in considerazione le posizioni più utopiche e radicali  di questo movimento di critica all’ortodossia dogmatica religiosa e filosofica:  del Vanini, di Thèophile de Viau, Saint-Evremond, Cyrano de Bergerac,  ma non trascurerò di parlare dei libertini déniasés –disincantati e complici conservatori dell’emergente assolutismo politico come La Mothe Le Vayer, Naudé, Gassendi, Patin.
L’affermazione del libertinismo in Francia
Il libertinismo è filosoficamente importante come episodi di quella lotta per l’affermazione della ragione e della sua autonomia di giudizio nel dominio morale, politico, etico, religioso oltre che scientifico, ma anche per chiarire il concetto stesso di ragione.
Trova il libertinismo la condizione principale del proprio sorgere nella prevalenza politica che il cattolicesimo aveva acquistato nei paesi latini, con il suo seguito di intolleranza, condanne a morte, roghi di scritti e di  filosofi, monaci considerati eretici, di donne saggie considerate streghe. Persecuzioni e torture contro chiunque  venisse  additato dagli inquisitori del tempo come nemici dell’ortodossia cattolica, con la complicità dei sovrani dei vari stati assoluti.
Essi si rifanno ai pensatori del naturalismo rinascimentale Bruno e Campanella (XV sec), al naturalismo dei filosofi medievali della scuola di Chatres (X-XII sec), all’aristotelismo rinasimentale di Averroè e Pomponazzi. Alle sette eretiche del XII sec. e al monaco eretico Gioacchino da Fiore fondatore del libero pensiero,   ai materialisti dell’antichità Epicuro e Lucrezio, allo scettcismo di Pirrone di Elide,
VARIE INFLUENZE
Scuola di Chatres (Francia)
Il fondatore della scuola della cattedrale di Chatres X sec. è il monaco e filosofo  Fulberto (morto nel 1028)
Il secolo XII ci offre anche, in taluni indirizzi filosofici, l’esempio di un nuovo interesse per il mondo della natura; ed anche in questo caso il risultato di questo interesse è il riconoscimento di una più estesa autonomia della natura nei confronti dello stesso creatore (aspetto della scolastica del XII sec.).
I temi di filosofia naturale, che i filosofi di Chatres preferirono, sono molto semplici e tutti si riconnettono al tentativo di Abelardo di inserire il Timeo platonico sul tronco della teologia cristiana.  Abelardo aveva identificato la platonica anima del mondo con lo Spirito Santo; oltre a questa identificazione essi identificarono pure l’anima del mondo con la natura.
Con ciò la natura diventa la forza motrice, ordinatrice e vivificatrice del mondo; e questa azione acquista una dignità ed una forza autonoma.
La natura è detta la forza universale (vigor universalis) che non solo fa essere ogni singola cosa ma la fa essa, quella che in particolare  ella è.
…viene personificata ed esaltata la natura come figlia di Dio, la generatrice di tutte le cose, l’ordine, lo splendore e l’anima del mondo.
Ma l’importante è che, riconosciuta alla natura questa dignità, si rende possibile riconoscerle anche una certa autonomia; si  rende così possibile spiegare la natura con la natura;  ed i filosofi di Chatres utilizzando le fonti classiche (Cicerone) e patristiche ricorrono volentieri a dottrine epicuree e stoiche  per le loro spiegazioni cosmologiche.
Ovviamente l’utilizzazione di dottrine così eterogenee- platonismo, epicureismo, stoicismo, mescolate con la teologia abelardiana dà luogo a condizioni concettuali eterogenee e confuse, ma per alcuni versi intuizioni anticipatrici  di future visioni rinascimentali e moderne.
Un indirizzo deciso a fare conto sempre maggiore della natura e dell’uomo, anche se la natura e l’uomo  vengono concepiti non in opposizione al trascendente, ma come manifestaizone del trascendente .
La scuola di Chatres e il suo indirizzo era preparata dal secolo precedente, da una certa ripresa delle conoscenze empiriche-scientifiche e  dal contatto con gli arabi.
Il ponte culturale medievale, cristiano-platonico, con gli arabi
Costantino Africano, nato a Cartagine, dopo essere stato in Egitto,  nel 1060 arriva a Salerno nella più importante scuola di medicina del tempo, e lì tradusse dall’arabo e dall’ebraico, i testi dei medici greci –Ippocrate e Galeno- e i testi del medico ebraico Isacco.  Richiamando  l’attenzione sulla teoria atomista (Leucippo, Democrito, Epicuro, Leonizia, Lucrezio)  non  solo per quanto riguarda la fisisca materialista ma anche l’etica della felicità.
INFLUENZE ERETICHE
Gioacchino da Fiore
Abate –nato a Dorfè –Cosenza -1145-
Fondò il cenobbio di San Giovanni in Fiore.
Le sette ereticali del secolo XII condividono tutte le credenze di un’imminente e finale rinnovamento del mondo che essi designano come l’avvento del regno dello Spitito Santo.
L’interesse fondamentale dell’opera di Gioacchino è il suo messaggio profetico.
Dalla sua visione della storia egli trae l’annuncio di un rinnovamento imminente – l’avvento del Regno dello Spirito Santo.
Ma la sua visione della storia è fondata su un concetto di Trinità cristiana.
Filosofia della storia di G. da Fiore
Insiste sull’autonomia e distinzione delle persone divine, per fondare la distinzione delle tre grandi epoche storiche e per dare rilievo alla terza, che è quella imminente e futura del Regno dello Spirito.
L’unità di Dio non dev’essere intesa in modo che annulla la diversità delle persone: non si comprenderebbe, in questo caso, la diversità delle opere e delle epoche storiche e mancherebbe ogni fondamento alla speranza di un’epoca di giustizia e salvezza.
Alle tre persone della Trinità corrispondono le tre grandi epoche della storia.
Il primo dei tre stati è quello che si svolse sotto il dominio della Legge del Padre, quando il popolo del Signore, ancora un po’ infante, serviva sotto gli elementi di questo mondo, incapace di raggiungere la libertà dello Spirito, destinata a sfolgorare quando fosse apparso Colui  che disse: se il figlio vi avrà liberati, sarete veramente liberi.”
Il secondo dei tre stati è quello del Vangelo, e tuttora perdurante, in libertà senza dubbio, se confrontato con lo stato precedente, ma non in libertà se si pensa all’avvenire.
Il terzo stato –alla fine del XII sec.  non sotto il velo opaco delle lettere, benesì nella piena libertà dello Spirito.
1 stato – il vecchio testamento – il Padre-  il servaggio – il flagello- il timore – la conoscenza
 2 stato – il nuovo testamento – il Figlio – servitù filiale  -una certa libertà condivisa con il padre – l’azione-la fede- la sapienza
3 stato –  pienezza dell’intelligenza – inizio della piena libertà – la verità – contemplazione.
Naturalismo rinascimentale
Particolarmente rilevante sul libertinismo fu l’influenza di Nicolò Machiavelli, Campanella, Bruno.
Per il naturalismo rinascimentale
A)    L’uomo non è ospite provvisorio della natura, ma un essere  naturale
B)   La natura non è un’opera sbiadita di un mondo ideale, ma una realtà piena, un’immenso serbatoio di forze vitali di cui l’uomo è partecipe e in cui si incarna la potenza di Dio, che in esso trova una sua manifestazione e una sua sede
C)   L’uomo come essere naturale, ha sia l’interesse che la capacità di studiare la natura
Questo naturalismo si  concretizza nella magia e nella filosofia della natura di Telesio, Bruno e Campanella.
Giordano Bruno e il libertinismo
Giordano Bruno filosofo nomade per l’Europa
Nato 1548
Nel corso di una vita errabonda tragicamente  conclusasi  a Campo dei Fiori – Roma -il 17 febbraio 1600 ove fu arso vivo;
 tra il 1581 e il 1586, registriamo due soggiorni a Parigi, dove pubblicò opere importanti, tra le quali la commedia il Calendaio (1582) e scritti di argomento magico.
L’oper adi Bruno era nota in Francia, e questo è documentato dalle puntigliose confutazioni delle sue tesi da parte del gesuita Mersenne “l’impiétè des deistes”. Ciò che Mersenne combatteva in Bruno era soprattutto l’integrazione dell’astronomia copernicana in una visone cosmologica che recupera temi dell’antico pensiero greco, soprattutto del filone atomista.
Mersenne (filosofo gesuita )fu tra i protagonisti di un tentativo di integrazione ed addomesticamento della nuova scienza all’interno delle prospettive riduttive dello spiritualismo cristiano, che caratterizzò larga parte della cultura –ortodossa – del Seicento francese.
Si spiegava allora la necessità di prendere le distanze dalla visione bruniana dell’universo infinito, nel quale intorno a molteplici soli, ruota una sterminata pluralità di mondi –di un universo materiale ed eterno -sotratto ad ogni provvidenzialismo, animato da un’intrinseca forza vitale.
A tale sorta di panteismo s’accompagna in Bruno la considerazione (antropologica) delle credenze religiose come mito, del quale il sapiente si affranca in virtù della raggiunta comprensione razionale del tutto.
Diventa quasi il simbolo di un pensiero “empio”, da cui il filosofo cristiano deve prudentemente guardarsi; Bruno eserciterà sotterraneamente una larga influenza su quegli intellettuali del movimento libertino che si battevano contro il dispotismo religioso.
Nota:
dispotismo:  governo assoluto della chiesa esercitato senza nessun rispetto per le regole ed una pluralità di visioni del mondo filosofiche e teologiche.
la critica dell’ortodossia cattolica da parte libertina
La critica dell’ortodossia cattolica, nei nuovi diversi aspetti, costituisce uno dei punti centrali delle tematiche libertine.
Le dottrine eterodosse, che vengono in tal modo a definirsi, sono lungi dal costituirsi  in una prospettiva unitaria.
La rivendicazione di una religione ‘naturale’ e l’anticlericalismo conseguente alle contese  religiose.
Giulio Cesare Vanini, nato in Puglia nel 1585, uno dei tramiti tra l’aristotelismo rinascimenta le padovano del Pomponazzi e la cultura  nascente libertina in Francia.
Frate carmelitano, egli aveva studiato a Napoli, Roma, Bologna e Padova.
Conquistato  come il Bruno alla concezione naturalistica dell’universo copernicano e all’interpretazione politica del Machiavelli e del Pomponazzi delle religioni come strumento di conservazione e di dominio politico, averva lasciato l’Italia percorrendo mezza Europa. Nel 1615 in Francia pubblicò-Amphiteatrum aeterne providentia-.Anfiteatro dell’eterna provvidenza.
 Nel 1616 pubblica sempre in Francia -De admirandis naturae arcanis-  dell’osservazione degli arcani della natura.
A Tolosa, la città in cui viveva facendo il precettore, fu  accusato di corrompere i giovani con dottrine eretiche, e condannato al rogo per ateismo.
La condanna al rogo fu eseguita, tra atroci supplizi, nel 1619.
La prima delle opere- Amphiteatrum aeterne providentia- riprende  la concezione di una natura il cui ordine ‘immutabile e divino’ dà ragione di tutte le cose, inclusi i miracoli (all’interno della natura e delle sue leggi immutabili ci sono tutte le spiegazioni sia per gli eventi materiali che spirituali).
I n -de admirandis naturae arcanis – presenta invece in forma discorsiva una serie di discussioni tra l’autore ed un discepolo sui problemi di fisica e di teologia, tra i quali particolare importanza rivestono l questioni del rapporto tra Dio e il mondo, e della natura delle religioni (natura anche per lui politica, che si inquadra come impostura religiosa).
Nota : Impostura: attitudine all’inganno e alla menzogna
Le dottrine del Vanini non sono più audaci di quelle di Pomponazzi o di Cremonini, ma la congiuntura politica –culturale era profondamente mutata: le medesime dottrine che questi intellettuali avevano professato senza rischio alcuni anni prima, ora sono la causa della condanna a morte dell’ex monaco senza protezione e legami influenti.
Il rigoroso razionalismo della scuola padovana, il cui intransigente aristotelismo aveva fatto piazza pulita delle interpretazioni tomistiche (aristotelismo scolastico) e del primato della teologia sulla filosofia.
Al libertinismo seicentesco Vanini trasmetteva in uno stile divulgativo e brillante, la rivendicazione di un’indagine filosofica sottratta a ipoteche teologiche.
L’immagine di un mondo governato da leggi inflessibili, di una natura intrinsecamente animata, da un principio di vita di un mondo nel quale è integralmente inserito l’umano, la cui anima, frammento dell’anima cosmica, torna ad immergersi, al disgregarsi del corpo, nella vita universale (e cosmica).
Quanto alla compatibilità di tali affermazioni con una prospettiva cristiana (scolastica) Vanini è fermo, come i maestri padovani nel distinguere il piano dell’indagine razionale da quello della rivelazione.  Ribadisce  la separazione tra verità della fede e quelle della ragione, riprendendo l’immagine  del fendente rasoio del  filosofo inglese Ockam, che tiene separato le verità della fede da quelle della ragione.
Il filosofo non può indietreggiare di fronte alle proprie conclusioni, alle verità dogmatiche potrà egli credere soltanto sul piano della fede.
L’Antibigot
La problematizzazione del nesso ragione-rivelazione ritorna, assai diversamente risolta, nell’antibigot (quartine dei deisti).
Si tratta di un’esposizione popolare dei temi di una religione naturale, il cui centro unificatore risiede nella fede in un dio della ragione, eterno ed immutabile (immanentismo cosmico).
Ad essa si connette strettamente una polemica antisuperstizione ed anticristiana, che attinge direttamente i propri argomenti al -Colloquium heptaphomeres- del filosofo politico Jean Bodin.
Un testo che circolava anonimo dagli anni delle guerre di religione, e nel quale consapevolmente si delineava  di fronte alle pretese inegraliste delle diverse ortodossie, l’ideale di tolleranza proprio della nuova intellettualità borghese.
Sulla scia dell’aristotelismo padovano,  i testi di Vanini ci presentano un modo nel quale la presenza della divinità tende a risolversi nel pieno di un radicale immanentismo.
Diverso esito raggiunge l’aristotelismo nei Quatrains (Quartine deiste dell’Antibigot, dove il ricordo preciso della concezione di Dio – come pensiero del pensiero- si traduce nell’esasperazione del motivo della trascendenza di Dio rispetto al mondo: l’eredità del pensiero classico, lungi dal celare Dio  nella natura, né proietta lontanissimo l’immagine, su uno sfondo inattingibile di compiuta perfezione.
Ciò comporta il rifiuto di ogni antropomorfismo, e più radicalmente di ogni forma stanca di religione: le religioni positive (o inventate)  vengono  definite esplicitamente come strumento di potere.
La prospettiva deista (dio nella natura, e non fuori di essa) mette capo ad un appello alla tolleranza: le contese tra le diverse confessioni, vanno superate in nome dell’adorazione dell’immobile causa prima – alla quale ognuno può risalire con la sola grazia (dono) della ragione.
Machiavelli e il libertinismo
Machiavelli (1461-1527)
Religione come instrumentum regni come strumento di potere al serivizio dei dominati di turno
Basterà qui ricordare che, nelle pagine del Principe, e più estesamente in alcuni capitoli dei – Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio- , la religione appare come vincolo sociale: assicurando la coesione morale dei cittadini o dei sudditi, essa costituisce il più saldo puntello al potere; è dunque strumento di dominio, come ben sanno legislatori e sovrani.
Dopo la strage degli Ugonotti (protestanti francesi)  -notte di San Bartolomeo (1572) da parte della reggente  Caterina dei Medici – regina cattolica ed ortodossa, viene mossa ripetutamente l’accusa di aver fatto propria la mancanza di scrupoli di cui parlava  il Machiavelli nel suo Principe, considerato il teorico di un radicale immoralismo politico.
Nonostante la diffusa esacrazione, e in parte attraverso di essa, Machiavelli esercitò una profonda influenza sul pensiero politico francese del  XVII sec.
In particolare, l’interpretazione politica del fatto religioso costituisce l’imprescindibile punto di riferimento per il tema dei libertini radicali ed utopisti  – dell’impostura religiosa. Dall’altro verso anche di un  conservatore libertino come Nandé  bibliotecario di Mazarino.
Nandé uno dei rari scrittori francesi di cose politiche,   libertino e conservatore, difese esplicitamente il massacro degli Ugonotti  – la strage della notte di San Bartolomeo -1572 – in una sola notte a Parigi vennero  uccisi più di tremila Ugonotti,  su comando della regina cattolica Caterina dei Medici, che vedeva negli Ugonotti calvinisti francesi non solo un nemico e concorrente religioso e politico, ma soprattutto un pericolo per la dissoluzione dello stato, del potere e del privilegio delle classi aristocratiche. Gli Ugonotti rappresentavano piuttosto i rappresentanti di una nuova borghesia delle arti e mestieri,  mercanti,  nobili, magistrati, intellettuali e contadini umiliati dall’aristocrazia terriera. 
L’aristotelismo rinascimentale            
Particolarmente rilevante sul libertinismo fu l’influenza dei filosofi : Averroè e Pomponazzi
La storiografia tradizionale, per lungo tempo, ha visto in tale movimento una sorta di residuo medievale; solo oggi si  riconosce  invece i caratteri originali e storicamente innovatori.
Secondo Kristeller, si configura come aristotelismo antiscolastico opposto all’aristotelismo scolastico; una tipica espressione filosofica del Rinascimento assieme al naturalismo.
Il centro geografico del nuovo aristotelismo è Padova, in cui si era cominciato a studiare Aristotele fin dal XII sec., sulla base del commento dle filosofo arabo Averroè, e dove si erano scontrate le opposte correnti aristoteliche del Tomismo e dell’Averroismo.
Le nuove tendenze filosofiche e gli indirizzi speculativi, emmersi nel Quattrocento avevano determinato l’esigenza di scoprire il – vero ed  empio –Aristotele: da ciò la ricerca di testi originali e di commentari ritenuti più fedeli ad essi, soprattutto Alessandro di Afrodisia (II-III sec.) e Simplicio (VI sec. d.c.).
Scartata l’interpretazione ortodossa di Tommaso d’Aquino che rimase patrimonio dei Domenicani e della Chiesa in generale, l’aristotelismo militante si spaccò in due tronconi: averroisti e alessandristi.
Entrambi  le correnti presentano una medesima mentalità naturalistico-razionalistica, portati vedere nella natura il campo privilegiato della filosofia e nella ragione l’unico metodo della ricerca.
Si mostrano aperte anche alle suggestioni rinascimentali e platoniche sulla dignità e nobiltà dell’uomo.
Un’altra affinità – è la radicale separazione tra campo della fede e campo della ragione, a cui si collega la teoria della doppia verità (Ockam).
Secondo Kristeller però partendo dall’idea ad esempio che l’anima non possa sopravvivere al corpo –può essere più probabile – ma non assolutamente certa secondo la ragione ed Aristotele, per quanto l’idea opposta debba essere accettata per fede.
Vero o falsa che fosse questa doppia verità aiutò a porteggere  molti filosofi dagli inquisitori ecclesiastici.
POMPONAZZI
Nasce a Mantova -16-9-1462
Insegnò a Padova e Bologna, dove morì nel 18-5-1525
Il suo testo più noto è sull’immortalità dell’anima  e su questo testo incontrò l’attenzione dei libertini
L’intento del Pomponazzi è quello di mostrare che il mondo ha un ordine razionale necessario.
In Aristotele egli vede il filosofo-scienziato che ha escluso l’intervento diretto di Dio e di altri poteri soprannaturali nelle cose del mondo stesso, un puro sistema razionale dei fatti.
In un’altra opera minore gli- INCANTAMENTI  -egli nega la realtà dei fatti eccezionali e miracolosi, che sembrano testimoniati dall’esperienza.
Ci sono incantesimi, magie, stregonerie, miracolosi effetti di piante e pietre ecc.; ma tali effetti non sono ‘miracoli’ nel senso di essere contrari alla natura e fuori dall’ordine del mondo; si dicono ‘miracoli ‘, non  nel senso  di essere contrari alla natura e fuori dall’ordine del mondo; si dicono miracoli perché accadono raramente e a lunghi intervalli  di tempo.
In realtà sono fatti naturali, che si spiegano  in base all’ordine necessario della natura e precisamente dell’azione degli astri. (questo particolare influsso astrale lo riteneva anche Vanini, il quale anche lui pensava che le alte e basse maree fossero determinate dall’influsso della  luna, e  non dall’interno stesso del mare come pensava ancora Galileo)
Miracoli ed incantesimi, sono dovuti all’influenza dei corpi celesti, e rientrano nell’ordine naturale del mondo.
Pomponazzi poi provvede prossima la fine di questa fede  religiosa.
Anche l’attività spirituale dell’uomo è inclusa nell’ordine naturale del mondo (Leucippo filosofo materialista antico sosteneva che non c’era nulla fuori dalla fisica –o natura)
SULL’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA
  L’anima non può esìstere ed operare senza il corpo:
a)    L’anima sensitiva ha bisogno del corpo sia come soggetto, giacchè ha bisogno di organi corporei (orecchi, occhio ecc.), sia come oggetto, perché può percepire solo cose corporee.
b)    Anima intellettiva – non ha bisogno del corpo come soggetto, perché non ha organi corporei, ma ha bisogno del corpo come oggetto, perché non può conoscere se non le cose corporee della quali è mossa ad intendere.
c)    L’intelligenza angelica –non  ha bisogno, del corpo né come soggetto né come oggetto; ma l’anima umana non può diventare angelica.
Se l’anima umana è inseparabile dal corpo, la sua immortalità diventa dubbia, e in ogni caso impossibile a dimostrarsi.
Tesi dominante ortodossa tomista e scolastica :
È dimostrabile  l’imortalità dell’anima 
poiché
L’anima è una forma pura, autonoma ed incorporea, e in quanto tale non può separarsi da sé stessa e corrompersi
È per Tommaso e per la scolastica un preambolo razionale della fede
Tesi eterodossa di Pomponazzi accolta dai libertini.
E’ indimostrabile l’immortalità dell’anima
poiché
l’anima è inseparabile dal corpo, della quale ha costitutivamente bisogno, diversamente  
            e’ un dogma
cioè  una verità che si deve accettare per fede
LA VITA MORALE NATURALISTICA E RAZIONALE DELL’UOMO SENZA FEDE
Per Pomponazzi non si annulla con questa tesi di mortalità dell’anima –la vita morale dell’uomo, perché questa vita è garantita dalla condizione naturale dell’anima stessa.
Se non c’è un premio o un castigo nell’altra tomba non significa che la virtù non abbia un premio e che il vizio non abbia un castigo.
Il premio essenziale della virtù è la virtù  stessa, che rende l’uomo felice.
La pena del vizio è il vizio stesso, che lo rende misero ed infelice.
La vita morale è così riportata nell’ordine nautarale delle cose, e per la sua giustificazione non serve appellarsi al soprannaturale.
Secondo le affermazioni più recenti tali affermazioni non sono legate alla doppia verità, a mò di Ockan e Scoto, ma suggerite  da una visione naturalista e razionalista che la mortalità, è più probabile secondo la ragione e secondo Aristotele, per quanto l’immortalità resti un dogma di fede, che ogni credente può  accettare per fede.
L’Aristotele di Pomponazzi si configura come netta rivendicazione dell’autonomia dell’indagine filosofica , come sapere laico, in polemica aperta con le pretese egemoniche della teologia.
Questa implica la rottura con il pregiudizio religioso, con la pretesa centralità della teologia, con ogni aristotelismo di compromesso. Da ciò derivano delle concezioni eterodosse, destinate ad avere fortuna nel Seicento francese.
Un’immagine di un mondo governato da una necessità che non lascia spazio a eventi miracolosi, e nel quale il preteso miracolo viene riassorbito in una complessa trama di cause naturali.
Libertino utopista poeta
Théophile de Viau
Il poeta  che è apparso ai posteri come  il simbolo del libertinismo utopico e radicale dei primi decenni del XVII sec.
Nato nel 1590 da famiglia protestante (calvinista –ugonotta), il poeta era l’esponente più prtestigioso di un gruppo di letterati in fama di libertini, legato ad ambienti della  corte, a cui fu vicina la stessa Anna d’Austria.
Fu ripetutamente il bersaglio delle ire del partito clericale, condotta in prima persona dall’ordine dei gesuiti: il gesuita Francois Garasse, rivolgerà   contro il poeta il virulento pamphlet –le dottrine curiese de beaux esprit des temps-.
Negli stessi anni un altro  padre gesuita che sarà tra i protagonisti del “rinnovamento” del pensiero filosofico e scientifico,  come tentativo di  restaurazione dell’ortodossia , scrive una serie di opere contro la magia, la cabala, l’occultismo, ma altresì contro gli atei, i deisti e i pirronaini.
Nota filosofica: i deisti
Deisti sono spesso considerati dalla chiesa i libertini:  i deisti erano un movimento filoosofico che si affermò nei sc. XVII-XVIII; di origine inglese, si diffuse in Francia ed in Germania; nel XVI sec. la parola –deismo- si contrapponeva ad ateismo designando semplicemente la posizione di crede nell’esistenza di Dio;  la tesi principale del movimento deista è che si deve pensare Dio solo con gli attributi che ci indica la ragione naturale, prescindendo da qualsiasi rivelazione e rifiutando delle religioni storico-confessionali (date) tutto ciò che non si accorda con la semplice ragione; il deismo si fonda sull’opposizione tra religione natutrale o razionale (universale) e religioni positive o storiche (particolari). Tutte le religioni positive devono passare al vaglio della religione naturale –razionale in modo da far emergere  errori e assurdità di cui nessuna è estranea.
Mentre si svolge il processo a Thèophile, Parigi è messa a rumore dalla misterisa presenza della setta segreta (luterana di origine germanica) dei  Rosa Croce.
Nello stesso tempo si diffonde  anonimo, il poema l’Atibigot.
Infine nel 1624 si ha un clamoroso terntativo, subito stroncato dalle autorità, di pubblica discussione, di tesi – contro i seguaci di Aristotele (i seguaci di un Aristotele  ricondotto all’ortodossia cattolica).
Bandito da Parigi nel 1619, fu nuovamente denunciato nel 1623, in occasione della pubblicazione –ad opera di due editori parigini – di una raccolta di carmi libertini dal titolo – Le Parnasse des Poètes satyriques.
La pubblicazione pur avendo diversi precedenti fu considerata scadalosa.
Ingiustamente accusato di aver promesso l’iniziativa,  Théophile fu imprigionato e trattenuto in carcere fino al 1625: rimesso infine in libertà, morì nel 1626.
La sua opera è lungi dal contenere una coerente sistema dottrinale;
tuttavia rivela alcune affinità con il naturalismo rinascimentale italiano, i cui spunti vengono rivissuti nell’ambito di una sensibilità volta essenzialmente al problema morale.
La natura è sorgente eterna di vita;
l’uomo è immerso in essa prima che le convenzioni sociali stabiliscano una serie di falsi valori;
e ad essa deve fare ritorno se vuole recuperare una dimensione di autenticità.
Vivere la propria vita con immediatezza, valere per quel che si è, insaturare un comportamento (una relazione) che rispecchi la nostra natura di esseri terrestri;
esso  è carico di echi lucreziani (de rerum natura, uno dei testi  antichi  più poetici (etico-fisici-.estetici) , prefigurativi di una moderna visione –geosofica- della natura  e della natura umana) nel vagheggiamento della felicità della vita animale e della melanconica meditazione sulla morte, sentita come cessazione totale dell’essere  (senza infingimenti metafisici  ) che diventeranno quasi un luogo comune della posteriore lirica  libertina: Dehénault (1616-168)  e di Madame Deshomlères (1637- 1694)
LIBERTINI CONSERVATORI E DISINCANTATI E SUDDITI DEL POTERE ASSOLUTO
La spregiudicatezza di questi filosofi libertini del disincanto  -déniasés – disincantati -come essi amano definirsi, appartenenti a ceti dell’alta aristocrazia e borghesia.
Essi sono diventati i sudditi fedeli di un potere assoluto seppur desacralizzato dopo trent’anni di  guerre di religione, che non si pone più in modo ‘laico’,  come arbitro, al di sopra  di esse, al fine di garantire  la tolleranza religiosa, come lo era stato nei primi decenni del XVII secolo;
il potere assoluto figura sempre più come conservatore, riferimento della stessa Lega della grande nobiltà terriera e della gerarchia cattolica che si accostano prima al principe fino a loro avversato (Enrico IV), in quanto ugonotto e poi a tutti gli altri e le altre  sovrane che lo seguiranno, per timore che  una serie di agitazioni contadine, nelle quali il malcontento popolare per le lunghe guerre aveva assunto un aspetto di rivendicazione antifeudale; e  rendeva preferibile un compromesso con la monarchia assoluta al rischio di prospettive sovversive e di messa in discussione dell’ordine sociale.
Le lotte contadine sono presenti in tutta Europa, e gli atteggiamenti da tenere nei confronti  di esse aprono contraddizioni anche all’interno della  stessa borghesia emergente, nemica da un lato di una certa feudalità terriera rappresentata dalla monarchia assoluta  ma anche  spaventata  da un possibile cambiamento sociale;  tali contraddizioni non sono presenti solo tra i conservatori libertini francesi, che li vede ora  a favore della monarchia  assoluta e dello status quo  e altri libertini,  pochi contro di essa; la stessa cosa accade in Germania che vede da un lato Thomas Muenzer, monaco tedesco e altri del basso clero  sostenere le insurrezioni contadine e le loro aspirazioni ugualitarie,  mentre dall’altro lo stesso Martin Luther, riformatore e compromessa figura di rappresentanza  della borghesia emergente schierarsi  contro questa insorgenza  sociale e a sostegno dei principi regnati. Lo stesso atteggiamento della chiesa riformata tedesca l’ha  avrà anche contro le donne sagge o streghe perseguitate e bruciate ovunque non solo  nei paesi cattolici ma anche in quelli nordici riformati.
Libertimi sudditi fedeli del potere assoluto:
1)    La Mothe Le Vayer è precettore del principe ereditario
2)    Naudé è bibliotecario di Mazarino
3)    Gassendi compie la propria carriera ecclesiastica e accademica sotto l’auspicio di personalità vicine al cancelliere Richelieu
4)    Patin, è medico del Collège Royal
Libertini ben inseriti nell’assolutismo statale, pronti ad affermare  l’esaltazione del libero pensare, la liberazione dai pregiudizi e dal conformismo religioso e sociale, ma nello stesso tempo nutrono disprezzo per le masse incolte e bigotte.
Pronti a difendere il diritto ad una libertà di giudizio nel privato che spezza i canoni delle opinioni correnti, e nello stesso tempo  a tenere un’adeguamento esteriore alle consuetudini sociali.
Le loro analisi  ormai al limite dell’ortodossia vengono sviluppate all’ombra e con la protezione del potere assoluto;
del resto sono  caratteristiche comuni di questi libertini eruditi e conservatori il disprezzo del volgo illetterato, la chiusura elitaria, la convizione che soltanto a  pochi sia dato raggiungere una cosiderazione della realtà che sarebbe politicamente e socialmente pericolosa estendere alle masse plebee.
Da questa nuova forma di libertinismo conservatore – di seconda generazione, è significativo il riemergere dei toni scetticheggianti dei testi di Montaigne e Charron, nei quali la spregiudicatezza privata si sposava al conservatorismo politico, e si affaccia in loro la teorizzazione del dissidio tra interiorità ed esteriorità, tra libertà privata e conformismo esteriore.
In questi libertini eruditi rappresentanti intellettuali di una borghesia che accetta, come condizione del proprio sviluppo, le strutture del potere assoluto;
che rinuncia a trasferire nella politica l’esisgenza di razionalità, confinando il diritto alla discussione e la libertà di critica nella sfera dell’interiorità.
La carica conservatrice delle argomentazioni volte a dimostrare il condizionamento empirico, e perciò stesso il carattere non assoluto, delle idee religiose e per larga parte solo implicita.
GABRIEL NAUDE’
Libertino conservatore
Ha studiato a Padova, ha compiuto frequenti soggiorni in Italia, diffonde negli ambienti colti francesi le teorie padovane dell’aristotelismo filosofico del primato della filosofia sulla teologia; sviluppa le lezioni di Machiavelli, nel senso di una visione disincantata del potere politico (il primato della politca sull’etica) e l’uso politico della religione come instrumentum regni ;
Esempio tipico di collisione tra libertinismo e potere assoluto.
Lo svelamento, attuato con fredezza quasi cinica, dei meccanismi occulti che regolano la realtà politica, il rifiuto di ogni giustificazione ideale del potere del ‘Principe’ –con il fine che giustifica qualsiasi mezzo –lo smascheramento sistematico dell’impostura religiosa dei quali si sono serviti i potenti, nello stretto nesso necessario tra politica di dominio e religioni positive sono il correlato di un’accettazione preliminare  della logica  del potere-dominio nella sua concezione di politica assolutistica.
La Mothe Le Vayer
Riprendendo diversi spunti di Montaigne, dimostra in una serie di scritti la mutevolezza delle opinioni umane in materia religiosa, l’influenza che l’educazione e la consuetudine esercitano sull’idea stessa che l’uomo si fa della divinità: sottolinea l’utilità politica della religione e il ricorso, da parte dei fondatori di religioni, ad una serie di espedienti, di falsi miracoli, di vere e proprie imposture per presentarsi alle moltitudini con il carisma degli inviati di Dio.
PIERRE GASSENDI (1590-1655)
Conformista libertino
Giudicato in rapporto al più rigido scolasticismo, ‘libertino sui generis’  è apparso agli storici come il tentativo da parte sua di delineare –attraverso un parziale recupero dell’epicureismo – una nuova etica cristiana, aperta al tema della ricerca umana di felicità.
Quella di Gassendi è la figura di grande rileivo all’interno del rinnovamento della cultura ‘ortodossa’ del Seicento.
Canonico e teologo,  particolarmente impegnato sui temi dell’origine della conoscenza e della metodologia scientifica, studioso di fisica e di astronomia, in una serie di opere: de vita et moribus Epicuri (1649), – Animadversiones in decimum librum Diogenes Laertii (1649) in appendice –a Philosophiae Epicuri Syntagma (1658), Syntagma philosophicum (1658).
Gassendi recupera dell’antica filosofia atomistica all’interno della prospettiva dell spirtualismo cristiano (proponendo un addomesticato epicureismo)..
 Sull’epicureismo, negatore del rapporto provvidenziale tra Dio e il mondo, assertore di una moralità indirizzata al piacere, si era stratificata nel tempo la condanna pressochè concorde di teologi e moralisti.
La riabilitazione di Epicuro testimonia quindi in Gassendi una  non comune libertà intellettuale;  essa  gli ha attirato accuse postume di doppiezza e ipocrisia.
Gassendi dipinge in Epicuro un saggio austero e morigerato,  a differenza di chi lo ha presentato negativamente da esponenti di sette rivali.
L’etica epicurea è interpretata nei termini di una morale di equilibrio, tesa al perseguimento di un piacere che è essenzialmente mancanza di dolore, prudente considerazione dei vantaggi e degli svantaggi in ogni godimento;
ricerca di un piacere ‘stabile’, che scarta con ogni cura gli atti che possono arrecare eccessivi turbamenti.
Nel recupero delle dottrine epicuree, quasi universalmente esecrate come empie, egli delinea sul piano etico un cristianaesimo antiascetico, aperto ai temi rinascimentali della ragionevolezza, della misura, di una umana saggezza.
Sul piano fisico prospetta un‘integrazione dell’atomismo antico (Leucippo, Democrito, Lucrezio) tanto congenere alle prospettive della nuova scienza e al tradizionale spiritualismo cristiano.
Nel corso delle sue giovanili battaglie antiscolastiche,  e poi nella serrata polemica svolta contro le cartesiane ‘Meditations mètaphisiques”, egli sviluppa una critica precisa delle pretese dogmatiche della ragione e rivendica il ruolo dell’esperienza nella costruzione del sapere.
Nelle critiche anticartesiane, egli sottolinea  con energia l’origine empirica di ogni rappresentazione, non esclusa l’immagine che gli uomini si fanno della divinità, valendosi spesso di esempi degli abitanti del nuovo mondo.
UTOPISTI LIBERTINI
SAINT-EVREMOND
Contro  Gassendi e la sua interpretazione di Epicuro maestro di rigida morale, contro un epicureismo ridotto a predicazione di saggezza, privo di ogni genuino spunto edonistico e di comprensione di  quella  Eudaimonìa (-bene nella felicità-, di chi è intimamente beato, non della semplice felicità come fortuna ma di chi abbonda di beni materiali-òlbios) . La felicità epicurea consiste anche nel godimento di beni materiali e dei piaceri corporei, purchè l’uomo non se ne rende schiavo, a differenza dei filosofi cinici  e stoici che pensano –la felicità -come imperturbabilità dell’animo distruggendo i beni materiali o privandosi di essi,  dedicandosi solo alla vita virtuosa (a-tarassia). Per gli scettici consisteva la felicità  nella sospensione del giudizio (epochè). 
Per altre scuole filosofiche greche antiche – come i cirenaici e per Aristippo in particolare  la felicità consiste nella ricerca del piacere corporeo prersente e momentaneo, come movimento debole e dolce, in  contrasto con la violenza del dolore;  il loro piacere è distinto da quello epicuereo ritenuto statico, perché  inteso come pratica di equilibrio; mentre il piacere cirenaico  ha una nautura spontanea e finalistica;  al  piacere sensibile associano sul piano della  conoscenza, la certezza sensibile delle nostre sensazioni, emozioni ed impressioni;  Teodoro l’ateo, famoso nell’antichità per aver negato non solo gli dei, anche gli altri valori tradizionali quali l’amicizia e l’amore di patria; per Teodoro la patria di ognuno è il  mondo (tesi cosmopolita condivisa con i  cinici e gli stoici);   lo stesso Aristippo si considerava ospite straniero –xénos-ovunque. Inoltre per lui,  è lecito al momento opportuno rubare per necessità, commettere adulterio per desiderio, e compiere sacrilegi contro gli dei (essere indifferenti agli dei, ai riti e ai culti, perché tutto ciò non è turpe per natura).
SAINT-EVREMOND, nasce nel 1614, letterato ed uomo di mondo, fu punto di riferimento a Parigi, di famosi salotti libertini, come quello di Ninon de Lenclos e di Marion Delorme.
Costretto a lasciare la Francia nel 1661 per alcuni apprezzamenti negaivi su un’opera di un Ministro, riparò prima in Olanda, dove conobbe Spinoza (un altro moderno filosofo bruniano maledetto) , poi in Inghilterra dove morì nel 1705.
La lettera ‘sur la morale de Epicure a  la moderne Leontium, indirizzata a Ninon de Lenclos, e tutta condotta sul filo della polemica contro l’edulcorazione dell’etica epicurea  che caratterizza la lettura di Gassendi e dei suoi epigoni.
 Leonzia era la compagna e filosofa di Epicuro; la scuola epicurea o del Giardino come quella pitagorica ammettevano,  a differenza di altre scuole filosofiche  o dell’accademia platonica,  l’accesso alle donne e agli schiavi; gli avversari degli epicurei  accusarono  il maestro e la scuola epicurea in  forma  maliziosa e misogena, che  Leonzia non fosse compagna e filosofa, bensì una eterea cioè una prostituta.
Dell’epicureismo Saint-Evremond rivendica, accanto all’attenzione per il godimento spirituale, l’aspetto francamente sensuale  ed edonistico;  l’attenzione viene portata anche sul carattere ‘laico’, pagano dell’etica epicurea.
Nonstante la rivendicazione del piacere sensuale epicureo, il filosofo nelle sue opere compie un impoverimento dell’etica epicurea, svincolandola dal nesso che la collega alla fisica atomistica.
Lo sganciamento del problema etico dalla generale interpretazione dell’universo materiale rende così possibile il tradursi di un messaggio morale di rottura nei termini di un raffinato insegnamento di saper vivere utopico e radicale;  messaggio ad uso dei disincantati conservatori protagonisti della buona società mondana  che in ambito scientifico valorizzano ancora tesi pre-copernicane; ma apre a considerazione antropologiche radicali sul ruolo delle donne in filosofia, escluse dalle università,e dalle scuole  ed accademie filosofiche  di tuttà europa dal tempo di Ipazia (V sec. d.c); Ipazia filosofa neiplatonica alessandrina,  perseguitata e uccisa dal nascente fondamentalismo cattolico.
LIBERTINISMO CRITICO DEL PERIODO DELLA FRONDA
Il periodo della Fronda segna nella storia del libertinismo un nuovo punto di rottura.
Alla fine del secolo XVII, tempo in cui l’assolutismo è consolidato a spese delle opposizioni nobiliari e  parlamentari, assume conspevolmente la religione cattolica  come strumento della propria conservazione, e la conciliazione ‘erudita’ di lealismo politico e smacheramento critico delle radici del potere non risulta più proponibile, per il sovrano assoluto gli intellettuali libertini rschiano di dventare testomoni scomodi;
ciò implica che le esigenze razionalistiche della borghesia ascendente, si svilluppino nella seconda metà del secolo XVII, in maniera sotterranea non  più con l’appoggio del potere
ma potenziamente contro di esso.
In questo periodo della Fronda si colloca l’opera di Cyrano de Bergerac, letterato tra i più interessanti dell’età barocca, spesso definito il più ardito dei libertini.
I suoi romanzi filosofici sono:
“Estats et empires de la lune”
“Estats et  empires du Soleil “
Pubblicati una nel 1657  e l’altra nel 1662.
Assumono come punto di partenza la polemica spietata condotta sul filo di una scintillante ironia, contro ogni tradizionalismo, contro la pedanteria e l’oscurantismo, specialmente di marca clericale.
Conquistato alla teoria dell’impostura religiosa, Cyrano de Bergerac  la applica, appena velata dalla tenue veste della funzione romanzesca, alla chiesa del tempo;  celebre nel romanzo lunare,  è la parodia del processo a Galileo, presentato come ennesima macchinazione della casta sacerdotale per imporre alle moltitudini una verità prefabbricata.
Partigiano del Copernicanesimo Cyrano  recepisce  la nuova astronomia sotto il profilo della concezione bruniana dell’universo infinito e della pluralità dei mondi; 
l’universo è per lui un immenso organismo, dotato di intrinseca animazione.
Su questo sfondo si inserisce la lezione di Gssendi di cui fu allievo; nella ripresa dell’atomismo viene a cadere il tentativo del maestro di espungere (espellere) le punte anticristiane della prospettiva epicurea fatta da Gassendi;
cadono il tema della creazione degli atomi dal nulla (rifiuto dell’ex nihil biblico e la riaffermazione degli atomi ingenerati e incorruttibili, infiniti e dotati di movimento), l’interpretazione providenziale delgi incontri tra atomi (e invece viene riaffermato – il non deterministico -clinamen lucreziano), la concezione di un’anima spirituale infusa da Dio nell’uomo (il rifiuto dell’anima immortale infusa da Dio ad Adamo, ed  invece la riproposizione di un’anima corporea e mortale fatta di atomi sottili).
Gli atomi presistono alla presunta creazione divina, gli incontri tra atomi pesanti o sottili avvengono casualmente seguendo il clinamen, l’anima o la psyché è composta di atomi sottili e corporei a differenza degli altri atomi presenti nel resto del corpo e della materia che differiscono per foma e per peso.
L’incontro tra naturalismo rinascimentale e atomismo avviene in una prospettiva scientifica; ciò costituisce un salto  di  qualità rispetto all’ambito tematico degli anni venti del XVII sec.  più influenzato dal naturalismo medievale e rinascimentale, dal deismo e dal aristotelismo rinascimentale,  pensieri che avevano  esercitato una propria funzione critica in ambito esclusivo di problematiche etico-religiose, ancorate ad una cosmologia pre-copernicana.
La recezione del copernicanesimo nella forma di una interpretazione infinitistica e materialistica colloca Cyrano de Bergerac, in posizione di netta rottura rispetto agli ambienti ufficiali, nei quali l’abbandono della fisica aristotelica e dell’adozione delle teorie galileiane, erano state condotte sotto il segno di una interpretazione ‘moderata’ delle prospettive aperte dalla nuova scienza.
In Gassendi, in Mersenne, così come in Descartes, pronto a rinunciare di fronte alla condanna di Galileo, alla pubblicazione di un trattato sul mondo che dava per acquisite le teorie copernicane, e a presentare sempre sotto riserva dell’ipoteticità la nuova immagine del mondo, evitando con particolare cura, di affermare positivamente  l’infinità dell’universo.
Tutt’alta è la posizione di Curano de Bergerac, per il quale il copernicanesimo èdescrizione reale, e non ipotetica, dell’universo fisico, con il qual egli fa convergere un atomismo che riacquista i propri originari caratteri materialistici.
L’universo infinito appare, costituito da infiniti atomi, eterni ed immutabili, il cui incontro dà luogo ad una molteplicità di aggregati: ciò comporta la materialità ed eternità del mondo,la negazione della creazione e dell’esistenza stessa di Dio, e quindi il rifiuto dell’immortalità dell’anima.
Le audaci concezioni filosofiche non danno luogo ad alcuna vocazione rivoluzionaria. 
Al contrario una –lettre sur les frondeurs – del 1649, pieno di rispettosi elogi per Mazzarino,  Cyrano si fa difensore del cardinale  e dell’assolutismo contro la Fronda.
Ciò è in apparente contrasto con il fatto che, sul piano del costume, dell’organizzazione e delle consuetudini sociali, i romanzi di Cyrano presentano significative tracce della campanelliana –Città del Sole-  un mondo alternativo a quello vigente.
In esso sono presenti nuove forme possibili di vita :
1)    La messa in crisi dell’istituto familiare
2)    Il libero amore
3)    Il rifiuto della guerra
4)    La proposta di una monarchia elettiva
5)    L’egualitarismo sociale
Temi che danno un certo tono di radicalismo;
Nei romanzi di Cyrano de Bergerac l’alternativa di nuove forme di vita  scivola nel imbo dell’immaginario;
la veste giocosa conferisce ai racconti una lettura di evasione
una sorta di intrattenimento anticonformista
Tutto alla stregua di una  certa letteratura irriverente e blasfema dei sonetti del BARONE BLOT
Le concezioni libertine di Cyrano de Bergerac si configurano come messaggio riservato a pochi, che non implica la  volontà a modificare l’ordine stabilito.
La mancanza di mordente è confermata dal fatto che, nella seconda metà del secolo,  o sono lo spunto  per dei romanzi di mondi immaginari o  diventano patrimonio di uomini di mondo:
Historie des Sévarambes (1677) di Denis Veiras
Voyage dans la terre australe. Carme di Gabriel de Foigny
Testi poetici di :
Dehénault
Madame Deshoulères
Saint- Evremond
L’eredità libertina
Pare esternarsi, da un lato nella malinconica meditazione sull’infelicità dell’uomo, in contrasto con la serenità della natura, e sulla morte, sentita come dissoluzione senza ritorno; 
d’altro lato il grande tema epicureo della liberazone dalle vane paure si assottiglia nella codificazione di un libertinismo raffinato che trova in Petronio il proprio modello classico.
Altri testi che contano veramente nella storia del libertinisma della sconda metà del Seicento sono: Theophrastus redivivus (1659), voluminoso trattato manoscritto che compendia le opinioni di pensatori antichi e moderni a favore dell’ateismo e dell’evermerismo
EVEMERISMO
 (dottrina elaorata dallo scrittore greco Evemero (nato a Messina in Sicilia o a Messene nel Peloponeso vissuto tra il IV-III SEC. A.C. ,autore di –Scritto  Sacro- in tre libri (270 a.c.)secondo Diodoro Siculo, racconta di un  viaggio nell’oceano indiano, all’isola di Pancaia, abitato da un popolo buono e felice che praticava la comunanza di ogni bene. Nel tempio di Zeus di Pancaia, su una colonna aurea, un’iscrizione rivelava le imprese di Urano, Crono e Zeus, tre sovrani dell’isola;  per Evemero la nascita degli dei deriva dalla divinizzazione di eroi o sovrani è da qui secondo Evemero che nascono i miti e con loro gli dei;  con questo Evemero vuole dimostrare razionalmente la nascita degli dei ed invece per gli scrittori cristiani questo testo tradotto dal poeta latino Ennio nell’Euhemerus dimostrerebbe la falsità delle religione pagane:
Particolarmente interessante appare, in questo contesto accanto all’affermarsi della visione meccanicistica dell’universo (Newton) come riduzione dei fenomeni naturali a dati quantitativi e misurabili; 
prende le mosse dall’esposizione delle nozioni fondamentali della meccanica razionale ( massa, quantità, termpo e spazio assoluto e relativo ecc), dalla teoria dell’infinità dei mondi e dell’esistenza di mondi innumervoli (Copernico) , l’applicazione delle spiegazione meccanica ai fenomeni della vita, la tesi della corporeità dell’amima in medicina con tutte le conseguenze etiche e religiose.
Il riproporsi di temi libertni all’interno di una problematica scientifica e filosofica, di un pensiero al quale sempre meno s’adattano vecchi schemi concettuali, e del legame del libertinismo con le nuove prospettive illuministe.
Motivi  libertini sfocciano nella cultura del Settecento attraverso la grande ricognizione del passato dal Dictionaire historique e antique di Pierre Bayle.
La prospettiva libertina fornisce ai philosophes –illuministi – una serrie di spunti corrosivi di critica religiosa ed etico.-politica che ritorneranno negli scritti di Fontanelle, Jean Mesliar, Montesquieu; partendo da questi i philosophes impostano una battaglia per  il tempo della ragione.
I philosophes a differenza dei libertini lascieranno cadere questo muro  tra interiorità critica ed esteriorità conformista,  lasceranno cadere la conformistica conciliazione tra spregiudicatezza interiore e ossequio esteriore all’autorità assoluta, ed anche l’approdo evasivo alla dimesione utopica; e non si incontreranno più nei salotti tra dotti ma nei caffè, e lì prepareranno la rivoluzione culturale che cambierà il volto d’Europa e dà dignità ad ogni essere (tutti gli uomini nascono eguali); ma come dice Baudealire nel 1848 la borghesia bottegaia penserà solo al proprio misero tornaconto congelando gli spiriti e i corpi della rivoluzione ; solo gli intellettuali e le masse oppresse nella Comune di Parigi (1870) riprenderà almeno per una stagione (all’inferno come direbbeRimbaud) i fili smnarriti dell’egualglianza, della libertà e della fraternità.
Noi comunardi  riprenderemo quei fili della ragione (Philosophes) , dell’eguaglianza –fraternità-libertà (comunardi)  ma anche di nuova visione poetica e scientifica transdisciplinare (geosofica )  del naturalismo rinascimentale (Bruno, Campanella)  e degli altri bruniani ed atomisti(Spinoza, Marx) e del pensiero ecologista complesso (Capra, Morin, Deleuze, Guattari ecc)  che ci restituisca le ragioni e le emozioni di un nuovo vivere terrestre-con la terra, gli umani e gli altri esseri viventi-  in un  tempo x ed in  un spazio y (il nostro tempo e spazio probabile) vissuto nella comunanza e nella felicità, nella libertà nell’eguaglianza e nella sostenibilità delle future generazio

                                               foto:Salvatore Di Cara
Mi sono avvalso in forma situazionista  di cut-up  (taglia cuci e rielabora)  materiali elaborati da:
il pensiero libertino -di Ornella Pompeo Faracovi –ordinaria di storia e filosofia nei licei della sua città di Livorno, Loescher –colonna Pietro Rossi -1977 e della Ricerca del  pensiero;
testi  e problemi della filosofia –didatticabdi Niccolò Abbagnano e Giovanni Fornero –Paravia -2012-
Considerando il sapere un bene comune –   come acqua – mi sono abbeverato alla loro fontane e restituirò lo stesso piacere a chi ci accompagnerà in questa notte bruniana e libertina (16/02/2013) che comunimappe dedica a Bruno e a Vanini e alle innumerevoli anonime donne sagge bruciate nei roghi davanti alle cattedrali d’Europa.   La prossima lezione partecipata l’8 marzo la dedicheremo ad Ipazia d’alessandria e a quelle anonime streghe di cui vi parlavo prima.

 (QUI) la documentazione fotografica della serata.

(NOTIZIE 1)  su Giordano Bruno


Ricerca ed elaborazione attiva e permanente di Pino de march

Le mani sulla città – Francesco Rosi

Al terzo tema, che proponiamo per osservare le dinamiche elettorali nate dopo il suffragio universale, dedichiamo una finestra italiana, il celebre film di Francesco Rosi. Non sono però le vicende specifiche narrate nel film ma il loro significato a fare da pretesto per una narrazione storica che vuole indagare sulla osannata volontà popolare che si esprime durante le elezioni. Al tema però serve avvicinarsi con qualche precisazione. Sulla conquista del diritto di esprimersi delle masse, sulla formula “una testa un voto” come momento di emancipazione, non si possono sollevare dubbi; ma è altrettanto indubbio che molto è stato fatto per anestetizzare l’indipendenza di scelta, la possibilità di esprimere giudizi e preferenze frutto di una opinione personale. Gia il film proposto in precedenza (Quinto Potere) mostrava quanto fosse poco autonomo l’orientamento del pubblico legato alla televisione.
In Italia il suffragio universale è stato conquistato con la nascita della Repubblica, ma si è velocemente modificato nella formula della “sovranità limitata”, ovvero il protettorato occidentale contro il rischio comunista. Questo fenomeno, nato in una realtà sociale complessa come è quella italiana, dove una grande varietà di interessi ha affiancato gli aspetti più squisitamente ideali, ha bloccato qualsiasi ipotesi di progresso democratico. All’attivismo del più grande partito comunista dell’occidente si è contrapposto un fitto processo di acquisizione del consenso delle masse popolari attraverso, e non solo, la chiesa e le pratiche familiste.
Un discorso a parte riguarda i sistemi elettorali che sono il vero meccanismo che traduce un certo consenso espresso con il voto in potere legittimato. Ed i sistemi elettorali, come è noto, sono costruiti da ingegneri della politica che hanno piena padronanza dei congegni matematici, delle ripartizioni percentuali, delle dinamiche finalizzate comunque a mantenere una certa idea di partecipazione politica. Difficile immaginare quanto sia garantita, in un tale quadro, l’effettiva volontà popolare. 
Un altro problema sfugge alla osannata volontà popolare espressa nel chiuso delle urne: è il sistema delle alleanze, ovvero tutto il pullulare di accordi sottobanco non privi di lotte incrociate e interessi contrastanti con l’indirizzo complessivo espresso dall’elettorato. Di questo aspetto ci occupiamo con l’aiuto del film di Rosi. 
Non si è mai fatto mistero, nell’Italia repubblicana, della tendenza ad accaparrarsi pacchetti di voti alla stregua di pacchetti azionari. Grazie anche al boom economico, che ha ampliato gli appetiti di molti, il controllo di porzioni di elettorato si è tradotto nella nascita di grandi ricchezze e di gruppi di pressione che hanno se non bloccato almeno anestetizzato qualsiasi forma di trasformazione sociale tramite la volontà degli elettori.
Ci interessa qui sviluppare una riflessione che possa rappresentare un punto di partenza per futuri studi storici: la corrispondenza tra i sistemi elettivi democratici di stampo occidentale e la proprietà privata. Il processo non presenta camuffamenti, anzi risulta evidente la simbiosi tra proprietà privata e democrazia rappresentativa poiché entrambe si poggiano su una precisa idea di individuo. Un individuo che grazie al proprio egoismo garantisce il funzionamento dell’insieme. 
Siamo così arrivati ai giorni nostri, al bivio che contraddistingue gli attuali anni e che  rende oramai palese la necessità di dare vita a forme collettive di protezione di alcuni fondamentali beni comuni. Se la democrazia elettiva ha convissuto perfettamente con una certa idea di proprietà privata, oggi una democrazia partecipata dovrebbe fare da battistrada ad una società dei beni comuni. 
Ne “le mani sulla città” un imprenditore edile chiarisce un principio fondamentale della democrazia elettiva, rivolto ai propri soci dice: “I nostri voti contano, non la bandiera sotto la quale stiamo”. Una affermazione questa valida per dare i contorni alla storia del Novecento e alla democrazia che rimane corretto, al di là delle mode espressive, definire borghese. 

Paolo Bosco

Il quinto potere

Film, regia di SidneyLumet

TUTTO SERVITO A DOMICILIO

Altra fondamentale “finestra” sul Novecento, dopo l’energia elettrica, è la comunicazione. Sin dagli albori del XX° secolo scambiare informazioni diventa una comune pratica necessaria nel mondo industrializzato. Con rapidità si inseguono l’invenzione del telefono, della radio e di tutta una serie di tecnologie funzionali alla veloce possibilità di comunicare. Proprio in questo ambito la televisione ha trovato indiscussa supremazia in quanto creatrice di bisogni e convincente consigliera. Il suo occhio è entrato nella quasi totalità delle case, creando un fenomeno inimmaginabile solo pochi decenni prima. 
«Il quinto potere» (titolo originale “The network”), racconta l’evoluzione della televisione in strumento di persuasione potentissimo e capace di modellare in modo incisivo l’immaginario collettivo. A quasi quarant’anni dalla sua uscita questo film conferma tutta la sua qualità profetica e l’acuto spirito di osservazione posseduto dal regista, per arrivare alla descrizione di una realtà oggi sotto gli occhi di tutti. 
Oggi è relativamente semplice comprendere il potenziale televisivo in fatto di imbonimento. Basti pensare all’uso che ha fatto di questo mezzo proprio in Italia un personaggio spregiudicato arrivato ai vertici dello Stato grazie al possesso di alcuni canali. 
Il nucleo centrale di questo film si colloca nella trasformazione del mezzo televisivo da strumento informativo e ancorato fondamentalmente alla cultura umanistica, a veicolo sempre più orientato all’appiattimento sulla immediata realtà. Il passaggio non è di poco conto, la nuova tv pretende di portare sullo schermo frammenti di vita comune (reality show). Tutto nasce dall’intenzione di annunciare in diretta il proprio suicidio da parte di un conduttore, il corto circuito che ne segue rivela la disponibilità dei telespettatori a inseguire le novità, le emozioni coinvolgenti capaci di creare una sorta di cerchio magico tra individui chiusi nei propri salotti. 
Il “reality” impedisce di decifrare le contraddizioni che albergano nella realtà, annulla la categoria del possibile dall’orizzonte proponendo a ripetizione quella del conosciuto, sia esso il problema del cane della vicina o l’eterna lotta condominiale. Ma la realtà è materia priva di una sua oggettività, permette solo di essere rappresentata, interpretata, lo sanno molto bene gli storici. Lo sanno anche i romanzieri che dei modi di rappresentarla ne hanno fatto oggetto di infinite ricerche. La realtà interpretata ha la capacità di far evadere il soggetto, ed è proprio la qualità dell’evasione a fare la differenza. Se si evade grazie ad Omero o a un romanzo di Calvino, ma anche assistendo sullo schermo ad uno spettacolo teatrale o a un film, si è coinvolti automaticamente in un viaggio che riporta alla realtà rinnovati; l’evasione tramite una rappresentazione che assomiglia molto alla vita propria o di un vicino (un gesto di follia, una lite tra inquilini), non restituisce altro che la convinzione che tutto sia immutabile. Anche quando il messaggio sembra indirizzato a mobilitare per una giusta causa. Quello che risalta è solo l’alto numero di spettatori che questo tipo di televisione produce, perché l’interesse si concentra nelle opportunità di vendere spazi pubblicitari. 
Proprio nel momento in cui questo strumento elettrico raggiunge tutti, installandosi in posizione centrale nel salotto di casa, l’industria che lo gestisce si concentra sulla sua capacità di chiamare contemporaneamente moltitudini di uditori a seguire le trasmissioni, insensibile alle ripercussioni sociali che produce. La principale delle quali è la docile trasformazione degli individui in consumatori.
Il regista di Quinto potere, non indugia nell’individuare il cuore di questa architettura comunicativa, anzi lo rivela senza reticenze: è il mondo dell’alta finanza nel momento in cui prende coscienza di come utilizzare il mezzo. In una scena memorabile, si ritrovano il personaggio televisivo che ha fatto del suo esistenzialismo un formato televisivo e un potente guru che chiaramente si mostra come illuminato e settario governatore del “bussines” internazionale. Uno che ha chiaro in mente cosa deve diffondere la tv e a quale fine si deve ispirare.
Ecco realizzato il sodalizio tra finanza e televisione, così come è avvenuto quello tra scoperte scientifiche e finanza. Tutto il Novecento è intriso di questo fenomeno ed oggi incominciamo a scorgerne le conseguenze.
paolo bosco

calendario eventi febbraio 2013










 COMUNIMAPPE 
H.U.B
* Hotta Underground Base *
nodo di interscambio
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VIA LUIGI SERRA 2/2 BOLOGNA
CALENDARIO EVENTI FEBBRAIO 2013
Venerdì 8 – film “Il segreto di Nikola Tesla”
Primo film della rassegna “Tre finestre sul Novecento”. 
Il tema affrontato è l’energia elettrica, la sua diffusione che ha permesso la realizzazione di quella che chiamiamo rivoluzione industriale. Anticipa la proiezione del film una breve narrazione dei fatti storici collaterali al tema trattato. (dettagli)
Venerdì 15 – film “Quinto potere”
Secondo film della rassegna “Tre finestre sul Novecento”.
Il tema affrontato è la comunicazione, nello specifico la comunicazione televisiva nel momento della sua diffusione capillare (metà degli anni ’70). Anticipa la proiezione una analisi del fenomeno comunicativo che ha rivoluzionato il paradigma dell’informazione. (dettagli)
Sabato 16 – Seranotte bruniana e libertina dedicata a Giordano Bruno e ai filosofi francersi  del  libertinismo radicale  Thèophile de Viau,  Giulio Cesare Vanini  e Cyrano de Bergerac.
Le poche righe della lettera di Epicuro a Meneceo aprono lettteralmente  all’etica della scuola di strada “il Giardino” ma anche alla nostra libera comune uni-pluriversità  “comunimappe”, che è una sfrontata e soave esortazione alla felicità come salutare beneficio del vivere poetando e filosofando. (dettagli)
Venerdì 22 – film “Le mani sulla città”
Terzo film della rassegna “Tre finestre sul Novecento”. 
Il tema affronta la stretta correlazione tra interessi di parte e accaparramento di “pacchetti” di voti. Dentro la costante presenza degli interessi economici privati, opposti a quelli pubblici, costantemente preponderanti nelle scelte politiche.

IL SEGRETO DI NIKOLA TESLA

Energia elettrica: corrente alternata o alternativa?

(prime riflessioni a partire dal film su Tesla)

   Le implicazioni (meglio dire esternalità) generate dalla diffusione dell’energia elettrica sono immense, tanto che noi oggi abbiamo indissolubilmente incorporato questo processo tecnico nella totalità delle nostre azioni. Sarebbe un errore, affrontando questo tema, giudicarne la bontà o la cattiveria. E’ di gran lunga più interessante ricavare consapevolezza da una vicenda storica di tale importanza piuttosto che limitarsi a esprimere dei giudizi.

   

   Con il film “Il segreto di Nikola Tesla” prendiamo l’avvio per osservare la vicenda dell’energia elettrica, vero e proprio motore della rivoluzione industriale novecentesca, sistema nervoso che capillarmente ha diffuso e trasformato le funzioni motorie della società, che ha riscritto il suo codice sensitivo. Il fenomeno, nella dimensione raggiunta, è stato reso possibile grazie all’introduzione della corrente alternata e del moderno motore elettrico ad opera dello scopritore Nikola Tesla. 

   Tesla aveva idee molto chiare sull’evoluzione della ricerca nel campo dell’energia, idee capaci di ridurre le difficoltà alla sua trasmissione via cavo. Inoltre il motore elettrico di sua invenzione, usato in maniera inversa poteva essere utilizzato come generatore (se alimentato da energia elettrica produce un moto rotatorio, se alimentato da fonte altra, ad esempio una cascata, restituisce energia elettrica). Ma le idee non sono mai figlie di uno scopritore unico. Vi sono dei geni che volano alto, altri che fanno una gran fatica nei laboratori, ci sono quelli che continuano un’idea mettendola sulla giusta via,  su un piano che fila liscio. Ed inoltre ci sono scoperte “spendibili” sul mercato degli investimenti, dove un capitano della finanza si butta a pesce appena intuisce l’affare, ed altre che seppur convenienti per l’umanità rimangono irrealizzate. Tesla era interessato solo alla ricerca e non al profitto economico, aveva (a differenza di un Marconi, ad esempio) continuato a inseguire le sue intuizioni senza curarsi personalmente degli affari, inoltrandosi sulla strada ancora sconosciuta dell’energia pulita, illimitata e disponibile per tutti. 

Tesla non si è dunque fermato nella sua ricerca alla scoperta, seppur fondamentale, della corrente alternata. Essendo dotato di capacità mentali quasi sovrumane, come quella di progettare complesse macchine elettriche solo nella sua mente, in grado di ricostruirle senza prendere nessun appunto, si rivela sin da subito un brillantissimo scienziato che lavorava, al pari di altri, ai problemi della sua epoca. I suoi contributi sono tutti ben inseriti all’interno delle ricerche a lui contemporanea; la quantità di tecnologie a cui diede un contributo essenziale è assolutamente unica e impressionante. Se è vero che non fu il primo a studiare sistematicamente i raggi X e a renderli noti alla comunità scientifica, ha comunque il merito di essersi reso conto della loro pericolosità (mentre Edison la ignorò, col risultato che uno dei suoi assistenti, Clarence Dally, morì atrocemente di tumore). Tesla indubbiamente diede un enorme contributo anche allo sviluppo tecnologico della radio: migliorò molto gli apparati sperimentali, si garantì dei brevetti essenziali (che avrebbe usato per contestare quelli di Marconi), e dimostrò perfino una forma primitiva di telecomando radio. Vero è anche che Marconi probabilmente conosceva il lavoro di Tesla (anche se lui tendeva a negarlo), e i suoi primi apparati secondo alcuni assomigliano in modo sospetto a quelli dell’inventore serbo. 

La visione di Tesla era effettivamente assai avanti: egli immaginava già alla fine dell’800 un mondo in cui si poteva comunicare attraverso lo Spazio con le onde radio, in cui si potevano illuminare città senza usare fili. Immaginare mondi nuovi da raggiungere attraverso la tecnologia, saper osare al di là del presente, non aver paura di innovare: in questo la figura di Tesla resta un esempio indiscutibile. Ma Tesla era un visionario che andava oltre il limite segnato, tra l’altro sosteneva di aver comunicato con esseri extra terrestri, argomento che utilizzeranno successivamente i suoi detrattori. 

Con la sua febbrile ricerca inseguì intuizioni che però non suscitarono l’interesse da parte dei suoi finanziatori. Tesla riuscì a trovare la strada per avere energia pulita e per tutti grazie ad un trasmettitore di ingrandimento (basato sulla Bobina di Tesla), in grado di convogliare e sfruttare l’energia che è naturalmente presente nell’atmosfera: un’energia illimitata, senza fili e alla portata di tutti. Ma una tale prospettiva non entusiasmò i suoi finanziatori che fino a quel punto lo avevano appoggiato. Questo aspetto è evidenziato nel film da alcune battute declamate da un guru del capitalismo statunitense, J. P. Morgan (interpretato da Orson Welles), quando boccia il finanziamento alla ricerca di Tesla perché avrebbe azzerato i lucrosi profitti che la vendita di energia (non importa se ottenuta da fonti non rinnovabili) garantiva.

Se all’epoca tutto il suo entusiasmo avvenieristico non fu compreso, questo non significa che le identiche visioni fantastiche non siano poi state utilizzate per riempire di senso il mito dello sviluppo/progresso, e della successiva terminologia sulla crescita illimitata, che proprio all’inizio del ‘900 prende avvio (ma questa è un’altra storia che ci porterebbe lontano).

Quello dell’energia è un mondo ancora adesso, anzi, soprattutto adesso, lanciato per strade a noi comuni mortali negate sia per ignoranza che per opportunità politiche. E questo spiega il mistero che avvolge Tesla.
Paolo Bosco

TRE FINESTRE SUL NOVECENTO

Jessie Boswell, LE TRE FINESTRE, 1956


Raccontare il Novecento nel suo insieme è impossibile. Troppo vicino a noi per poterne avere una visione sintetica. Scegliamo dunque tre temi, tre aspetti fondamentali per inoltrarci nel secolo appena passato. Tre questioni che lo hanno caratterizzato in maniera definitiva: la diffusione dell’energia elettrica, la comunicazione divenuta un fenomeno di massa ed infine il suffragio universale, visto dalla prospettiva dell’accaparramento dei consensi. Tre punti nodali legati da un filo da cui si dipana la storia. Lo facciamo proponendo tre film rappresentativi dei temi scelti, accompagnati da una riflessione che del film prende spunto per inoltrarsi nelle implicazioni storiche collaterali.

PROGRAMMA:
Ore 19 – aperitivo conviviale. 
Ore 20 – presentazione 
Ore 20.30 – film


Venerdi 8 febbraio 2013

– Cos’è l’energia elettrica? corrente alternata o alternativa?

“Il segreto di Nikola Tesla”

regia di Krsto Papic .

Venerdi 15 febbraio 2013

– Il potere della televisione.

“Quinto potere” 
regia di SidneyLumet


Venerdi 22 febbraio 2013

– Accordi sottobanco all’ombra delle elezioni.

“Le mani sulla città”
regia di Francesco Rosi


                    HUB – Via Luigi Serra 2/2 – Bologna