terza festa zigana alla Bolognina

 LA TERZA FESTA ZIGANA (8 GIUGNO 2019)

La festa è promossa dalla contrada solidale dell’Unione Rom, Sinti e Gagè che nasce da una pluriennale cooperazione culturale e sociale tra Amirs ,ora Mirs-Mediatori interculturali Rom e Sinti, Cesp-Centro studi per la scuola pubblica(area cobas-scuola), Comunimappe-Libera comune università pluriversità bolognina

La festa si dà in primis come momento conviviale per ricreare legami umani, culturali e sociali  tra gli appartenenti alle comunità territoriali romanì (Rom, Sinti ed altri gruppi minori) e i gagè, o i non rom (europei, italiani e migranti)residenti nella nostra città , in secondo come benefit (raccolta fondi)per sostenere le disparate attività comuni quali: laboratori interculturali nelle scuole, memorie di stermini dimenticati –porrajmos e di altre minoranze, conoscenza delle variegate culture romanes, intermediazione e relazione tra giovani,donne ed adulti romanì e con le istituzioni pubbliche e il mondo associativo solidale dei gagè) promosse dalla nuova associazione MIRS(Mediatori interculturali Rom e Sinti)che raccoglie l’esperienza di AMIRS

.Ed in terza istanza per sostenere le attività di ricerc-azione  sugli emergenti paradigmi trans-individuali e trans-educazionali di comunimappe – libera comune università pluriversità bolognina(vedi nostra trama attiva e progettuale in fondo a queste pagine.

DALLE ORE 15                                                                                                                             PARAMICIA: laboratori per bambini-e e ragazzi-e Rom,Sinti e Gagè autogestiti da DADA LUPE – CANTASTORIE

SI PARTE DA LETTURE DI RACCONTI E FAVOLE ROMANES E POI IN PICCOLI GRUPPI, PARTENDO DA QUESTE TRACCE SE NE RINVENTANO DI NUOVE. E SI PROSEGUE CON DEI GIOCHI.                                                 

PARAMICIE ROMANES: Sono l’insieme di storie e di narrazioni, racconti affabulanti di vita vissuta dal clan ( o famiglia allargata uniti da vincoli di parentela,solidarietà e mestiere), di sfide, di viaggi, d’amore, di natura,di animali, di fortuna e di sfortuna e di resilienza ecc., con contenuti ed espliciti intenti di generare coraggio, non come semplice non paura, ma come pervicace non sottomissione, raccontati dagli anziani ai bambin-i-e e ragazz-i-e romanì, per rafforzare i valori fondanti ed importanti della loro comunità. Forme d’educazione mitica ed emozionale. Per infondere autostima nell’affrontare la vita, che non è sempre così facile e liscia per un romanì, soprattutto al fine di accrescerla là ove quotidianamente viene demolita dall’ostilità e dalle difficoltà che incontra nell’inserirsi in una società dei gagia che nonostante le dichiarazioni d’inclusione resta fredda, indifferente o diffidente. Ora nelle comunità aperte urbane si sperimenta e si reinventa una romanipè ,cioè una capacità di trasformazione dei fondamentali romanì (mantenimento dei vincoli di solidarietà ma anche trasformazione di alcuni aspetti tradizionalisti e patriarcali -già in atto in molte famiglie urbanizzate che si manifesta apertamente (non più come “fughina”) ma come libertà di scelta dei giovani e delle donne di affermazione di una autonoma vita dentro e fuori la propria comunità nativa ).

DALLE 18 ALLE 22

ALLA SALA INTERNA DELLA CASETTA AGLI ORTI: MOSTRA SUL PORRAJMOS O STERMINIO DIMENTICATO DEI ROMANI’ (Rom, Sinti ed altri gruppi minori) DALLE 18 ALLE 20

TOMAS FULLI PER MIRS: APERTURA FESTA

BREVE  RACCONTO DELLE ATTIVITA’ INTERCULTURALI NELLE SCUOLE E NELLA CITTA’ CONTRO STIGMI E PREGIUDIZI ANTIZIGANI E DI MEMORIA ATTIVA SVOLTE IN COOPERAZIONE CON  LA CONTRADA SOLIDALE DELL’UNIONE ROM, SINTI E GAGE’

RAFFAELE PETRONE E MATTEO VESCOVI DEL CESP:BREVE STORIA SULLA RICERCA DELLE FONTI PER RENDERE LA MOSTRA DOCUMENTO STORICO-CULTURALE FOTOGRAFICO SUL PORRAJMOS

PINO DE MARCH DI COMUNIMAPPE: 16 MAGGIO 1944: RIVOLTA DEI ROMANI’ AD AUSCHWITZ

ALLE ORE 20: Presentazione di Fabio Bassetti                                       DEL FILM: LIBERTE’                                                   Segue  quella del portavoce del GRUPPO MUSICALE DJANGO GYPSY JAZZ

DALLE ORE 20:                                            MUSICA E CENA ZIGANA (ONNIVORA, VEGETARIANA E VEGANA)

DALLE 22 ALLE 24: AGHIRAN CON MAESTRIA ANIMA DANZE E BALLI ZIGANI               

“LIBERTE’”, Film sulla libertà di Tony Gatlif

Gli zingari durante la seconda guerra mondiale

(in Romani e in francese, + sottotitoli in francese) Il film, della durata di 1 ora e 45 minuti,

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2016 – dopo molti anni si è deciso di costruire un monumento alla memoria dei caduti Rom e Sinti   a Montreuil – Bellay (F)

Una scheda sintetica del film “Liberté” di Tony Gatlif che riflette il destino degli zingari in Francia durante la seconda guerra mondiale.

PREMESSA:

Per via di una ricognizione topografica per la costruzione di un asse stradale ad ampia circolazione, si scopre in un vasto campo erboso, delle basi di cemento volte a sostenere dei grandi capannoni, e una specie di cella semi-interrata con delle feritoie orizzontali ad altezza del suolo, non volte alla difesa e troppo sottili per passarci. Fortunatamente, prima dell’inizio dei lavori della strada che avrebbe definitivamente sepolto questo reperto, si diffondono le voci e qualcuno si ricorda ancora della previa esistenza di un grande campo di concentramento per Rom e Sinti ed altri gruppo romanì durante la seconda guerra mondiale, tenuto dalle zelanti autorità francesi anti-zigane e fasciste del governo di Vichy, governo collaborazionista con l’occupante nazi hitleriano. Oltre alla sede in cemento dove poggiavano i capannoni in legno, si scopre che la “trappola” semi-interrata serviva a racchiudere i bambini e le bambine più piccoli, per fare in modo che gli adulti non avessero più voglia di tentare le evasioni.

Viene rapidamente avvertito Tony Gatlif che assieme ad altri illustri umanisti francesi, organizzano in gran pompa magna una conferenza stampa e poi una cerimonia per evitare che venga cancellato questo scomodo reperto della recente storia xenofoba francese, riuscendo a far deviare il percorso originario della strada in costruzione..

Il 29 ottobre 2016, il Presidente della Repubblica, François Hollande, ha inaugurato un memoriale in onore degli Zingari internato nel campo di concentramento di Montreuil-Bellay, nel Maine-et-Loire, durante la seconda guerra mondiale. 

IL FILM:
Il regista, Tony Gatlif, si è ispirato alla storia di Toloche, uno zingaro internato in questo campo di Montreuil-Bellay, per renderlo il personaggio principale del suo film “Liberté” nel 2010. Il film evoca anche il ruolo dei Giusti e della Resistenza come Yvette Lundy la cui lotta partigiana ha ispirato il personagio. dell’impiegata del piccolo comune ed insegnante nel film.

Il riassunto del film
Nel 1943, Theodore, veterinario e sindaco di un micro villaggio nella zona occupata, raccolse un orfano P’tit Claude, arrivato assieme ad una famiglia di zingari che ciclicamente passa annualmente a vendere i suoi servizi al villaggio. Il sindaco e l’impiegata Miss Lundi, umanista e repubblicana, convincono inizialmente gli zingari a fermarsi sul terreno di questo villaggio, per via della repressione delle leggi francesi che non permettono più l’esistenza di ambulanti sulle strade e nelle campagne. Con la buona accoglienza dimostrata, i due impiegati comunali convincono anche gli adulti a mandare i loro figli a scuola. Con loro, si unisce anche Taloche, un quarantenne di Boemia con l’anima di un bambino

Taloche rappresenta “lo spirito libero dei viandanti” che appartengono in modo profondamente esistenziale alla terra e agli elementi che attraversano nei viaggi. A differenza della cultura cartesiana occidentale che si ostina a pensare ad una terra che gli “appartiene”…e che ha il diritto anche di rovinare.


Purtroppo la repressione di Vichy continua ad intensificarsi contro gli Zingari che un giorno decidono di riprendere comunque la loro strada di sempre, pur sapendo i rischi che corrono.

Questo film, a differenza di altri film di Tony Gatlif, non fu distribuito nelle sale italiane

Buona visione

Fabien Bassetti per gli amici gadgi

Fabinath Sapera per gli amici zingari rajasthani

https://www.pedagogie.ac-nantes.fr/medias/photo/sigot-j-noms-d-internes-dans-le-monument-2-_1478420932718-jpg


473 nomi di zingari internati sono incisi sul memoriale, incluso quello di Toloche. 
Foto di Jacques Sigot.
).

MEMORIE DI STERMINI E RIVOLTE ZIGANE (OGGI ROMANI’) DIMENTICATE

Era il 16 aprile 2015 e per la prima volta in Italia e a Bologna con una partecipata manifestazione nazionale dei Rom e dei Sinti si ricordava : il 16 maggio 1944 – giornata in memoria della rivolta dei Rom e Sinti nel lager di Birkenau – Auschwitz contro i nazisti che li detenevano come schiavi-prigionieri.

Tra gli invitati la Presidente della Camera Laura Boldrini, il giornalista Gad Lerner , gli artisti Moni Ovadia e Alessandro Bergonzoni, l’attore Ivano Marescotti. Presenti anche i senatori Sergio lo Giudice e il senatore Luigi Manconi (del PD),Presidente quest’ultimo della Commissione straordinaria per i diritti umani. Sergio del Giudice invece, senatore e presidente dell’ARCI-GAY e attivista per i diritti delle persone LGBT.

Quel giorno un folto corteo di Rom, Sinti e Gagè è partito da via Gobetti del Quartiere Navile, luogo dell’eccidio dei due Sinti (la notte del 1990- Rodolfo Bellinati e Patrizia della Santina, di 30 e e 34 anni, vennero trucidati, cono loro ferite gravemente una bimba sinta di 6 anni e una rom slava)da parte di nazi-poliziotti (i fratelli Savi) della A1 Bianca (la band dell’A-Uno bianca seminò una lunga scia di sangue e crimini tra il 1987 e il 1994, terrorizzando Bologna, la Romagna e le Marche, lasciando dietro di sé 24 morti ed oltre un centinaio di feriti); la meta di quel lungo corteo fu Piazza XX settembre.

Ed in quel giorno e in quella piazza (per la nostra città piazza della laicità, per via di quel XX settembre 1870, data che ricorda la breccia sulle mura di Porta Pia, la sconfitta dei soldati pontifici, la presa di Roma e la fine del potere temporale della Chiesa),il Presidente Davide Casadio della “Federazione nazionale Rom e Sinti insieme”, a sorpresa propose agli amministratori della città di “far diventare Bologna la capitale dei Rom e dei Sinti                                         (perché proprio a Bologna si documenta per la prima volta,fin dal 1422, la presenza di genti nomadi in Italia accampati alla Montagnola, presentati quelle genti  sconosciuti alle cronache del tempo come un gruppo di origine egiziana), ed inoltre  di costruire un museo della cultura Rom e Sinti,per far conoscere la cultura  e la storia delle nostre comunità,( ormai da  secoli italo-europee, sicuramente i più europeizzati tra gli europei per quel loro lungo viaggiare tra molte città e villaggi europei).

Casadio poi aggiunge che “anche noi abbiamo una cultura  ed essa assieme alle altre aiuteranno a sconfiggere la paura”.

Gli scopi della manifestazione erano quelli di sensibilizzare la città sul tema delle minoranze dimenticate e non riconosciute al pari di altre minoranze presenti in Italia (slovena, tedesca, francese ecc.),perché a dire delle maggioranze parlamentari succedute nel tempo, trattasi di minoranze prive di territorio, per via del loro prolungato nomadismo, ma soprattutto per una interpretazione restrittiva costituzionale, che ne impedirebbe riconoscimento e tutela istituzionale, che consisterebbe nell’istituzione di centri di cultura per promuovere e tutelare la cultura e la lingua romanes (trattasi di v1arianti linguistiche neo-indiane arricchite di lessici europei)nei luoghi di maggiore densità abitativa e residenziale(solo gruppi politici della sinistra parlamentare -sinistra italiana, rifondazione comunista ne sostengono questo riconoscimento non solo di generici diritto civili e sociali ma anche culturali ); seppur da decenni territorializzate nella nostra città, come in altre, vivono come invisibili e confinati o in campi sosta o in case popolari delle periferie.

Non mancarono in quel memorabile 16 maggio 2105 la solidarietà attiva dei centri sociali della città (TPO,LABAS,XM24,VAG61), di Coalizione Civica,  Sel- Sinistra ecologia e libertà(la sinistra unita),  dei sindacati di base (cobas o comitatidi base), ma anche della Cgil congiunta con Cisl ed Uil; per il portavoce di Sel e dei centri sociali: “la discesa  in piazza va considerata come affermazione dei diritti all’esistenza di queste minoranze e per protestare contro l’ondata di odio indiscriminato che li riguarda, per ricordare le vittime della banda bolognese della “Uno Bianca” e per celebrare la rivolta degli internati Sinti e Rom nei campi nazisti.” Altre forze democratiche – istituzionali del campo progressista  hanno aderito e partecipato alla manifestazione, il Sindaco Merola ha giustificato la sua  non presenza per impegni istituzionali. Merola anticipatamente in un’intervista dichiara:”ci sono troppe chiacchiere infondate messe in giro in modo strumentale; non viene dato nessun regalo a queste persone. Sento parlare di 30 euro al giorno o corbellerie simili. Quello che bisogna evitare è di fare di ogni erba un fascio e di additare i “nomadi” come etnie che per forza ci fanno del male, è una cosa a cui bisogna stare molto attenti.”

Non mancarono in quel memorabile giorno anche indegne provocazione di  Bologna sociale- Forza  Nuova (neo-fascisti ), sostenuti da Fratelli d’Italia, Forza  Italia e Lega;  tra loro ci furono chi contro-manifestò (Forza Italia e Fratelli d’Italia), ma  tutti chiesero il divieto di corteo contro ‘il degrado”;  quello che è più grave è la disumanità di  questa ignobile espressione d’accomunare i Rom e Sinti ad “esseri degradati o causa di degrado delle città’.(solo i nazisti nel corso della storia europea considerarono gli ebrei e la loro cultura  come degenerata; le due figure  “degenerata e degradata”  con cui si rappresentano le due comunità, ieri quella ebrea ed oggi quella rom-sinta , non si allontana di molto l’una dall’altra.  La posizione del M5 è stata a dir poco complice, lasciando trapelare che anche loro non erano favorevoli al corteo, però … cercando un escamotage ‘civile o lavandosi le mani” attraverso le ambigue parole di Bugani: i colleghi della politica  locale che intendono opporsi al corteo dovrebbero “sfruttare i luoghi istituzionali per dare forza alle proprie idee  e non scendere alla bassezza delle contro-manifestazioni”. (come se impedire un corteo di una minoranza fosse da considerare un’idea  da sostenere(come l’altra ‘idea’ cioè il fascismo) e non un crimine contro i diritti costituzionalmente riconosciuti a qualunque persona o minoranza, per di più resa invisibile, marginalizzata da secolari pregiudizi, storici stermini e perduranti discriminazioni).

Manifestazione 16 Maggio (Memoria Dimenticata 1944 – “rivolta dei gitani”) Sinti e Rom in Europa in Italia

(Memoria Dimenticata 1944 – “rivolta dei gitani”)  Sinti e Rom in Europa in Italia.
La manifestazione del 16 maggio a Bologna  ricorda  e si ribella (All’odio e al razzismo).
Il 16 maggio del 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz andava in scena la dimenticata “rivolta dei gitani”. Ogni anno si ricordano le atrocità del nazifascismo, ma in pochi ricordano quei 500.000 tra Sinti e Rom massacrati dal Terzo Reich.    (Memoria Dimenticata –  “rivolta dei gitani”)

1-«Non vi daremo i nostri piccoli, perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti, sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro. Le loro urla salivano fino al cielo, più in alto ancora del fumo denso che usciva dai crematori, più in alto ancora delle nostre preghiere.

 2 -Non lasceremo alle vostre mani rapaci, ai vostri cuori tenebrosi, al vostro odio disumano la bellezza delle nostre vite, la santità dell’amore che unisce le nostre famiglie in un popolo povero, ma fiero».  formata da nugoli di bambini pelle e ossa, donne e capifamiglia scalzi – ove si trovava la più potente e organizzata macchina di oppressione morte di tutti i tempi.

3- Le mamme stringevano al petto i bimbi più piccoli, mentre combattevano; i ragazzini difendevano lo zigene-lager finché il sangue non li copriva, rendendoli simili agli spiriti della vendetta delle leggende; braccia scure brandivano armi rudimentali in un impeto instancabile, finché le SS si ritirarono, esterrefatte davanti a quell’eroismo, a quel coraggio sovrumano che affrontava le pallottole e le baionette con la carne nuda.

Era il 16 maggio 1944 nel campo di concentramento di Auschwitz quando le SS decisero di farla finita con il campo adibito alle famiglie zingare. Uno sterminio patito da Sinti e Rom, che in molti preferiscono dimenticare, o meglio far finta che non sia mai avvenuto. Quel giorno le SS ricevettero l’ordine di smantellare il campo, ovvero di eliminare tutti gli internati. Nessuno si sarebbe mai aspettato di assistere a una rivolta dei gitani reclusi che, quel 16 maggio, uscirono dalle loro baracche in oltre quattromila, decisi però a non farsi massacrare senza combattere. In teoria dovevano uscire e seguire i nazisti fino alle camere a gas, ma quel giorno decisero di ribellarsi raccogliendo pietre e spranghe e lanciandosi contro le SS. I nazisti poi gliela fecero pagare riducendo alla fame il campo e uccidendo ben 2897 Sinti e  Rom , pochi mesi dopo nella stessa notte, il 2 agosto dello stesso anno. E’ questa la triste storia dei massacri commessi dai nazisti ai danni anche di non ebrei, dimenticati per decenni e solo negli ultimi anni riscoperti anche grazie al lavoro di storici e minoranze etniche. Secondo le ultime ricostruzioni si presume con un margine minimo d’incertezza che i nazisti abbiano trucidato qualcosa come 500.000 tra Rom, Sinti e Manush, ed è opportuno ricordare qui come durante il processo di Norimberga i superstiti (romanì )non siano nemmeno stati ammessi come parte civile.

 Tutti Sinti e Rom  e altri gruppi minori, in numero di

4.000 Rom internati nello zigeuner-lager di Auschwitz decisero di opporsi ai loro aguzzini, che secondo programma erano venuti a prelevarli, per condurli nelle camere a gas. Di fronte a un’umanità ridotta in condizioni pietose – formata da nugoli di bambini pelle e ossa, donne e capifamiglia scalzi – si trovava la più potente e organizzata macchina di oppressione morte di tutti i tempi. Non furono solo gli uomini a decidere di non piegare il capo di fronte ai carnefici in divisa; anche le manine ossute dei bimbi e delle donne raccolsero pietre, mattoni, spranghe, rudimentali lame e tutti insieme i Sinti e Rom di Auschwitz dissero: «No!».
«Non vi daremo i nostri piccoli, perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti, sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro. Le loro urla salivano fino al cielo, più in alto ancora del fumo denso che usciva dai crematori, più in alto ancora delle nostre preghiere. Non annienterete le nostre famiglie, cui avete già tolto i doni preziosi della libertà e della dignità. Non lasceremo alle vostre mani rapaci, ai vostri cuori tenebrosi, al vostro odio disumano la bellezza delle nostre vite, la santità dell’amore che unisce le nostre famiglie in un popolo povero, ma fiero».
Le mamme stringevano al petto i bimbi più piccoli, mentre combattevano; i ragazzini difendevano lo zigeuner-lager finché il sangue non li copriva, rendendoli simili agli spiriti della vendetta delle leggende; braccia scure brandivano armi rudimentali in un impeto instancabile, finché le SS si ritirarono, esterrefatte davanti a quell’eroismo, a quel coraggio sovrumano che affrontava le pallottole e le baionette con la carne nuda. Le SS si ritirarono, portando con sé molti cadaveri tedeschi. Solo il 2 agosto 1944 i nazisti – dopo aver ridotto in fin di vita la popolazione Sinti e  Rom prigioniera della «fabbrica della morte», limitando al minimo il suo sostentamento alimentare – riuscirono a liquidare lo zigeuner-lager. 2.897 eroi Rom furono assassinati in una sola notte nelle camere a gas di Birkenau.
Davide Casadio Presidente Federazione Rom e sinti insieme in Italia

In terza istanza la ricerc-azione  di comunimappe –libera comune università pluriversità bolognina sui mutati paradigmi educativi e relazionali quali: trans-educazioni, educazione diffusa ed incidentale e  sulle articolazioni culturali e sociali di tali paradigmi:

  1. trans-individuale come approccio epistemologico-filosofico elaborato dal filosofo Simondon che considera ogni essere umano come una trama complessa e non scindibile tra individuale,culturale,sociale, naturale e macchinico. Significa anche rimettere in discussione sia l’individualismo proprietario capitalista che il collettivismo proprietario statalista, e ripensare ad una forma di economia e di socialità di un Comune agire tran-individuale che non può prescindere da una visione olistica  (una forma comunalista o municipalista (M.Bookchin)di ecologia sociale  che trami per sostenere la natura,una società dei liberi e degli uguali, la cultura con le sue molteplici espressioni e l’eco-nomia come auto-gestione politica ed economica dei diversi contesti intrecciati tra tra loro. Gli stessi padri costituenti americani mettevano in guardia sulle diseguaglianze che rappresentano grande un grande pericolo per la democrazia.
  2.  trans-cultura le che riguarda le relazioni in divenire  tra le variegate culture presenti nei territori (interazioni tra differenti specie umane native in Africa come in Asia ed Europa da almeno 300.000 anni per migrazioni di persone o per narrazioni (o passaparola)hanno permesso all’homo sapiens di generare un universo simbolico comune che riguarda tutti gli umani sulla terra seppur declinato in molteplici forme linguistiche culturali);                    a cui s’accompagna il contrasto educativo agli stigmi,pregiudizi, rom-fobie, trans-omo-fobie, xeno-fobie  ecc.)nelle istituzioni educative e nella società.
  3.  trans-umano o neo-umano consiste nelle relazioni tra umani, ambienti naturali ed artificiali e nuove tecnologie ;      nuovi ambient tecno-culturali e sociali non sempre appaganti ed agiati, ingenerano disagi esistenziali e sociali tra le nuove generazioni, categorizzati nelle nostre scuole come BES – o persone che abbisognano di ulteriori – Bisogni educativi speciali; disagi che nascono da una pluralità di fattori: processi migratori, marginalizzazioni economiche e sociali delle famiglie, relazione alterate per esposizioni eccessive al digitale o ai social (“cervello aumentato e umano diminuito”, così il filosofo – psicoanalista Benasayag descrive tale condizione esistenziale );non vanno trascurate come cause di malessere il prevalere nelle scuole negli ultimi decenni d’approccio riduttivo (semplificato paragonabile ad un puro addestramento al fare attraverso didattiche modulari delle competenze), funzionale e competizionale (che come centralità competizione e competenze)                                              sull’apprendimento cooperativo volto ad una visione complessa del ricercare,conoscere e vivere, con metodologie interdisciplinari e olistiche delle conoscenze miranti ad uno sviluppo umano completo; solo nuovi ambient educativi ove si sviluppano una cooperazione educativa circolare e non frontale,  esperienze di ricerca e curiosità , attività singolari e condivise, pensieri critici, divergenti e creativi, educazioni risonanti all’affettività possono generare persone esperte, affettive e solidali con una notevole autonomia e capacità di relazionarsi agli altri, ed aspirare da trans-individui trans-educati alla realizzazione d’attività umane che ingenerano progresso comune,culturale,naturale. individuale e sociale, cura dei mondi di vita e delle dimensioni esistenziali.
  4.   – trans-femminismo come vissuti di lotta e di vita per l’affermazione  e la comprensione consapevole dei nuovi paradigmi relazionali di genere e di orientamento ad un’aperta sessualità e a relazioni affettive complesse; per contrastare l’ideologia conservatrice – no gender – che genera sospetti  e menzogne tra gli educatori parentali, con accuse menzognere di manipolazione delle nuove generazioni da parte di una “inesistente teoria gender”che li spingerebbe alla depravazione dei generi e della sessualità “naturale”;     il malinteso ‘gender’ trattasi  invece di un’espressione che raggruppa gli studi di genere, studi che analizzano criticamente le oppressioni-repressioni che una visione etero-normativa  per secoli ha imposto  “con la forza coercitiva di ordine e legge ” nel nome dei padri”una spietata violenza macista e sessista” alla società, in primis alle donne e agli altri comparati mondi subalterni(“femminei”)di vita affettiva e sessuale (quello che oggi emerge in libertà come lgbtqi); il “no gender” forme queste, sì, ideologiche ed imperative di relazioni di genere ed affettive compresse in una dimensione riduttiva biologista e binaria di – maschile e femminile; secoli di negazione di un’assenza -sofferta o di un mondo sommerso che oggi si rivela nella sua libertà di viva ed autonoma espressione (di forme di vita e di vita )come una costellazione di pluralità maschili(omo), femminili(lesbo) ma anche di fluidità d’orientamento affettivo e sessuale(lgbtqi). Dall’ultimo nostro convivio sulle trans-educazioni emerge che a contrastare un’educazione aperta nelle scuole di educazione alla sessualità e all’affettività compresa nella sua pluralità divergente, i “i tradizionalisti no gender” per fare leva contro queste nuove educazioni  alla conoscenza e ad un’affettività e sessualità consapevole non mobilitano solo le fasce tradizionaliste dei genitori ed educatori, ma si avvalgono anche di un ‘complice silenzio”, di chi concepisce la sessualità in termini puramente d’emancipazione sessuale binaria economica e giuridica, e non come processo di liberazione dal patriarcato e dal sessismo eterosessuale ben denunciato-praticato-espresso dai movimenti femministi o da altre filosofie o politiche critiche del binarismo sessuale ( l’unico binarismo concepibile è quello informatico). Per questo è importante agire sulle aree adulte progressiste per sottrarli alla passiva complicità con i  negazionisti-tradizionalisti che negano,occultano e mistificano l’esistenza di singolari e plurime  forme di vita con cui s’esprime la sessualità e l’affettività umana.
  5.  Trans-ecologie intendendo con essa le varie ecologie che non possono riguardare solo gli aspetti della sostenibilità seppur importante di fronte ai nuovi cambiamenti climatici,ma anche le altre ecologie umane,culturali , sociali e mentali (vari mondi di vita in cui siamo immersi e che determinano il nostro comune ben-essere trans-individuale).
  6.  Le relazioni umane  in questa nostra visione trans-individuale si danno come  non violente,empatiche e critiche non solo contro riproposti autoritarismi, sessismi, razzismi, classismi e militarismi, ma anche  contro residuali istituzioni totali e pratiche coatte biologiche-psichiatriche (pubbliche e private)e loro  strumentazioni coatte quali il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) che sono vere e proprie forme di tortura e di pratica distruttiva verso le persone che ne subiscono l’atto o gli atti.
  7. Nostra pratica utopica e concreta consiste nel rilanciare la  cooperazione amicale culturale, educativa, politica, sociale,economica ecc. come attività costituente del Comune e delle relazioni aperte ed sintonia con i molteplici mondi di vita per contrastare la frammentazione sociale e culturale, il diffondersi della competizione e dell’inimicizia, dell’odio contro le persone e le comunità di prossimità o di lontananza,che non sono altro  che arcaiche modalità violente, narcisiste, predatorie del  Comune esistenziale e sociale BEN-ESSERE .

Pino de March ricercatore ed accordatore delle attività della comune ricerc-azione e cooperazione politica e culturale di comunimappe

INFO:

     www.comunimappe.org

     comunimappe@gmail.com

sabato 27 gennaio 2018 delle memorie attive, della responsabilità e della consapevolezza



Sabato 27 gennaio 2018                                                                          GIORNATA DI MEMORIE ATTIVE E DI DIMENTICATI STERMINI
 
Memorie attive nella scuola
IC1 – Dozza, Via De Carolis 23, Bologna
MATTINA
Ore 9-12 : Incontro delle classi terze (due blocchi)con esponenti dell’Anpi, saluto della Comunità ebraica bolognese, interventi delle Comunità urbane Rom(MilanJovanovic) e Sinta(Tomas Fulli).  
Elisa Duca conversa con student@ su Porrajmos di ieri  ed antiziganismo di oggi.                                                                 
Musiche Klezmer, Zigane e di resistenza  a cura di Salvatore Panu (fisarmonica) e Lionel Raducan (fisarmonica)
Ore 12,30-13 : Musiche e canzoni tratte e riadattate da testi poetici della poeta Mehr degli Jenische ‘zingari bianchi’ svizzeri
Officina poetica di Daniela Coelli e Fabio Turchetti (presenta associazione Enmadrid Otraitalia)
Sono invitati i genitori.
Mostra Porrajmos curata dal Cesp-Centro studi per la Scuola Pubblica: lo sterminio dimenticato degli zingari
Sabato 27 gennaio 2018                                               
dalle 18 alle 24
Memorie attive di dimenticati stermini                                       
Casa del Popolo Venti Pietre, via Marzabotto, 2, Bologna
Sera-notte antifascista, antirazzista, antisessista
Ore 18                                                                                                                                                       Franca Mariani (ANPI Quartiere Porto) e Liana Michelini (ANPI Quartiere Lame)
Brunella Guida (consigliera  di coalizione civica quartiere navile,difensora metropolitana dei diritti civili, culturali e sociali delle comunità urbane Rome Sinta )
Salvatore Panu (fisarmonica, intermezzi musicali)
Pino de March – coordina, presenta progetto memorie attive di stermini dimenticati e relaziona su – “l’Altro come nemicoed esperienza di comunità psichiatrica istituzionale partigiana sui Pirenei durante occupazione nazista della Francia(anni quaranta del secolo scorso).                                                                                                                                                 Testimonianze su persecuzioni e discriminazioni delle Genti Romani ieri ed oggi :Milan Javanovic e Lionel Raducan (mediatori interculturali di AMIRS associazione mediatori culturali Rom e Sinti)                                                                                                                                         Elisa Duca:memorie del porrajmos e dell’antiziganismo
Renato Busarello: persecuzioni e stermini di soggettività dai differenti orientamenti sessuali oggi LGBTQI.
L’inferno di Treblinka di Vassilij Grossman (Letture di Dada Lupa – Musica klezmer Salvatore Panu – fisarmonica)
Concerto di Lionel Raducan – fisarmonicista e presidente dell’AMIRS ed Aghiran – maestro di ballate rom
Giorgio Simbola e il piccolo concerto di musiche gipsy e swing.
Ore 20-21
Aperitivo solidale
ORE 21 – 24
Presentazione mostra fotografica a cura del CESP-Centro Studi per la Scuola Pubblica – sul Porrajmos
La  nascita del biliardino durante la guerra civile spagnola (Frequenze partigiane: rubrica radiofonica – live)
Elisabeth dell’associazione culturale Enmadrid Otraitalia trans-europea presenta:”Mio angelo di cenere” – musiche e canzoni tratte da concerto  Jenische – progetto poetessa rom svizzera Marinella Mehr                                                                                                                        Fabio Turchetti – fisarmonica, Daniela Coelli – voce, Luca Congedo – flauto, Luca Garlaschelli – contrabbasso. 
             

UN Pò DI STORIA

Mariella Mehr è nata a Zurigo ma ha vissuto a lungo in Toscana. Nel 2007 in occasione della presentazione delle sue poesie al teatro Fraschini di Pavia Fabio Turchetti è stato chiamato ad accompagnarla sul palco musicando e cantando alcune liriche originariamente scritte in tedesco e tradotte in italiano da Anna Ruchat. Le atmosfere che ha scelto per “metter in musica” queste liriche sono ovviamente quelle del mondo gitano, dalla rumba flamenca allo swing manouche
A questo esordio di Pavia sono seguiti poi alcuni festival tra cui quello della letteratura di Chiasso dove sempre nel 2007 il concerto è stato registrato in diretta dalla radio svizzera. La registrazione è stata stampata e pubblicata nell’ omonimo cd pubblicato dalla CPC. Con il peggioramento della salute di Mariella la collaborazione si è poi interrotta. Nel 2014 è nata questa nuova versione con un taglio più teatrale dove Daniela Coelli oltre che cantare e recitare le liriche di Mariella ha inserito due momenti di prosa tratti dal romanzo “La Bambina”ed alcuni brevi estratti del libro di Isabel Fonseca “Seppellitemi in piedi “. Lo spettacolo è stato portato in giro negli ultimi anni in varie città italiane tra cui Roma, Desio (MI),Lodi,Piacenza, Montebuono(PG),Castelverde, Cremona.
Mariella Mehr, nata a Zurigo nel dopoguerra, il 27 dicembre 1947, da madre zingara di ceppo Jenische,vittima dell’operazione Kinder der Landstrasse, (bambini di strada) ha fatto della denuncia della persecuzione del suo popolo il centro della propria scrittura, vincendo numerosi premi e la Laurea Honoris Causa nel 1998 dalla Facoltà di Storia e Filosofia dell’Università di Berna per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati. Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera negli anni’40, erano già stati vittime, insieme ad altre etnie nomadi, di una cruenta persecuzione nazista che, in nome della famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa. Già nella primissima infanzia fu strappata alla madre per essere consegnata a famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici, in quanto la rottura totale tra il bambino e il suo universo familiare era ritenuta condizione indispensabile per l’estirpazione del fenomeno zingaro (dal 1926 al 1972 furono 600 i bambini sottratti a forza alle loro famiglie nell’ambito di un programma che doveva plasmarli secondo i modelli della società sedentaria).
E’ da questa esperienza di sradicamento, segregazione e colpevolizzazione che nascono tutte le opere della Mehr, in particolare i romanzi della “trilogia della violenza”, di cui la bambina fa parte, e la raccolta di poesie ‘Notizie dall’esilio’, alcune delle quali musicate da Fabio Turchetti nello spettacolo
Mio Angelo di Cenere.
Isabel Fonseca vive a Londra. Scrive sul Times, The Nation e The Wall Street Journal.
Ha pubblicato “Seppellitemi in piedi “ nel 1999 dopo una lunga serie di studi presso le comunità rom dell’est Europa

RIFLESSIONI SU COME VIVERE E TRASMETTERE LA MEMORIA TRA GENERAZIONI
tratte da ‘non c’è una fine’ di Piotr M.A. Cywinnski, attuale direttore del memoriale di Auschwitz, ed. Bollati Boringhieri, testo straoridinario consigliato a tutte le generazioni.

Un tritico per il nostro futuro anteriore:memoria, responsabilità e consapevolezza
‘La memoria è il fondamento. Non si può pensare che il presente verrà compreso e che la costruzione del futuro sarà chiara senza le solide fondamenta della memoria. Questo è particolarmente importante nell’Europa di oggi […]. 
Oggi è impossibile capire cosa ci sta accadendo intorno a noi se non comprendiamo le memorie che sono alle radici del presente. La memoria,tuttavia, non è abbastanza’. Piotr M.A.Cywinski
Ci si può domandare quale significato ha oggi la memoria dei passati genocidi ed in particolare quello relativamente più vicino e tremendo nel tempo: Auschwitz . Piotr M.A.Cywinski si pone la stessa domanda dopo essere stato nominato Direttore del ‘memoriale’ di Auschwitz. Ed in alcune pagine di un suo recente testo ‘Non c’è una fine’ così articola la sua interrogazione sullo scopo di Auschwitz:”Non è una domanda che riguarda semplicemente il significato di Auschwitz in quanto luogo della memoria. E’ molto di più, è una domanda su di noi, sulla nostra condizione. E’ una domanda sull’umanità. Come ho già scritto Auschwitz oggi si protende oltre la seconda guerra mondiale, oltre il Terzo Reich, persino l’oltre l’esperienza europea. Quando in un gruppo di lavoro stavamo valutando come definire al meglio i nostri obiettivi – che all’inizio del 2005 prevedevano la fondazione di un Centro Internazionale per l’educazione su Auschwitz e la Shoah – proposi come espressione per includere i diversi compiti del luogo un trittico: memoria, consapevolezza, responsabilità. E così fu deciso. Provammo a prendere quella strada”. (pag.113, non c’è una fine, ed. Bollati Boringhieri).
“La memoria è in effetti oggi sia la base che il compito di questo luogo. Memoria degli eventi, della sofferenza,della morte. Memoria dell’inimmaginabile numero di vittime, e ogni tanto anche di alcune vittime specifiche, pienamente identificate. Memoria di coloro che sopravvissero. E anche – se si vuole aggiungere una memoria di diverso tipo – memoria dei carnefici, delle loro motivazioni, della loro indicibile insensibilità, del loro disprezzo e del loro odio. Memoria di come le persone stremate soccombevano, del limite assoluto della sopportazione, dell’umiliazione e della degradazione.[…] Il significato più profondo della memoria è quello di prolungare l’esistenza di coloro che ora se ne sono andati. Ma la memoria è anche una forma di empatia, che ci mette dal lato delle vittime, con un profondo significato di opposizione ai carnefici. Troppo tardi, e con il senno di poi, ma comunque dal loro lato. La memoria è un’espressone dell’orrore, della tristezza e del rispetto. La memoria è dovuta alle vittime. E’ vero. Meritano la nostra memoria come nient’altro. Ma oggi non è ciò di cui hanno bisogno. Siamo noi e i nostri bambini ad avere bisogno. Molto di più di quanto pensiamo. La memoria è quindi la base, la ragione prima per visitare Auschwitz(come tutti gli altri luoghi simili), e attraversare questa terra d’umana sofferenza. E’ la ragione per cui le persone hanno bisogno di seguire i passi di coloro che furono assassinati, di percorrere gli stessi sentieri, di sperimentare nei loro pensieri ciò che accadde sett’anni fa.(30/1/1943 – 8/5/1945). La memoria è anche il primo livello da raggiungere a scuola quando si studia la Shoah,sterminio degli ebrei. (Ed oggi anche del Porrajmos, sterminio dei rom,come dell’omocausto,sterminio dei diversi orientamenti sessuali -LGBTQ). Il curriculum scolastico di storia riempie la mente di date, cifre e fatti, attraverso i quali si delineano i primi valori. Ma prospettiva morale, la memoria ci mette di fronte ai fatti, faccia a faccia con essi. La memoria, in un certo senso, rimuove la dimensione del tempo. E’ un’attitudine senza tempo. Ci porta a affrontare la Shoah oggi(come il Porrajmos o l’Omocausto) e ci costringe a verificare, talvolta a rivalutare la nostra rassicurante convinzione di essere migliori. E’ forse in questo che risiede la sua forza più grande. In passato c’erano problemi con la memoria. Per almeno due decenni, se non tre, nell’Europa occidentale, la Shoah veniva a malapena trattata. Nei media e nel dibattito pubblico esistevano già i viaggi ai campi di concentramento, ma tutto era confuso assieme: le storie dei movimenti di resistenza, le deportazioni politiche e il destino degli ebrei internati. C’erano molte ragioni alla base di questa amnesia collettiva. Tra queste c’era sicuramente la riluttanza politica a separare le vittime del nazismo tedesco in categorie distinte, in particolare, di nuovo, quelle razziali.”(pag.114-115, non c’è una fine, ed. Bollati Boringhieri).
[…]
“Tuttavia, una delle più importanti ragioni, sia ad Est come ad Ovest, era l’impressione, per lo più taciuta ma inconfondibile, che poche persone avessero fatto davvero qualcosa per aiutare le vittime della Shoah(come degli altri genocidi perpetuati in quei luoghi e in quelli anni). In grado maggiore o minore in tante forme diverse, naturalmente, la colpa era nondimeno condivisa, e di molti fatti si vergognavano profondamente. Anche questo soffocò il dibattito, almeno fino a quando, in modo naturale cambiarono le generazioni. La memoria,in generale, è capace di sorprendere. Soprattutto quella segnata dal trauma. Bisogna trattarla con grande comprensione ma anche con immensa cautela. Farò due esempi. Un ex prigioniero che era evaso da Auschwitz un giorno aveva portato le sue memorie al Museo perchè venissero pubblicate. Il suo racconto della vita nel campo di concentramento conteneva la vivida descrizione di un’esecuzione, che effettivamente avvalorata da altre fonti. Il problema era che quella specifica esecuzione era avvenuta solo dopo la fuga di quel testimone. Era essenziale parlare con l’autore, mostragli la cronologia degli eventi, per aiutarlo a realizzare che doveva per forza aver sentito la storia da altri sopravvissuti, centinaia, forse migliaia di volte, e che probabilmente aveva fatto proprio il racconto della morte dei suoi compagni internati. Conoscendo le vittime, conoscendo gli esecutori e ricordandosi alla perfezione come fosse la vita in quel campo di concentramento, nel corso dei decenni quell’uomo si era davvero convinto di essere stato presente all’esecuzione. Un altro esempio: ancora in vita fino a poco tempo fa, Henryk Mandelbaum – l’ultimo membro di un Sonderkommando in Polonia e uno degli ultimi al mondo – aveva per molti mesi estratto i corpi dalle camere a gas dopo l’apertura della porta, e con altri membri di quella tragica squadra di lavoro li aveva trascinati ai forni del crematorio o fino alle pire, poste all’esterno. Per molti anni raccontò a gruppi di adolescenti che non ricordava di aver visto nessun bambino nelle camere a gas. Tanti adulti e vecchi,si, ma nessun bambino. Con onestà, aggiungeva sempre che altri compagni, membri del Sonderkommando, dicevano invece che c’erano molti bambini nelle camere a gas, a volte c’erano più bambini che adulti; ma non poteva confermarlo, perché non ricordava di averne mai visti. Aveva cancellato l’immagine dalla sua memoria, in modo da vivere, e non impazzire. La memoria umana ha bisogno di essere verificata, proprio come altra fonte storica. Molti ex prigionieri erano sorpresi e preoccupati dalla quantità di indagini storiche, domande indiscrete, esami minuziosi e analisi critiche cui venivano sottoposti i loro racconti personali. Dopotutto, erano stati lì, loro avevano visto ogni cosa. Tuttavia, per diventare parte della narrazione storica, la memoria umana dev’essere sottoposta al rigore della scienza, degli istituti di ricerca e delle università. Negli anni ottanta sembrò addirittura che il dibattito sulla memoria sarebbe stato ridotto ad una disputa tra coloro che confermavano e coloro che negavano la Shoah. In alcuni paesi occidentali, per esempio in Francia, a Lione, la negazione della Shoah iniziò ad essere proposta come tesi di laurea persino all’università. Sarebbe stato molto pericoloso se la memoria fosse diventata una lotta non tanto contro l’oblio bensì contro una deliberata ed abominevole menzogna. La memoria sarebbe stata decisamente diversa se si fosse sviluppata esclusivamente contro il negazionismo. Per fortuna, l’Europa è riuscita in larga misura a sradicare la negazione della Shoah. Le persone che oggi promuovono il negazionismo sono in genere espulse dalle università, ostracizzate, denunciate e marginalizzate (non certo per censura ma per indegnità intellettuale di appartenere ad istituzioni ove si pratica una ricerca minuziosa della verità). Non sono riuscite a conquistare l’accesso ai media per promuovere le loro le loro teorie pretestuose. Forse anche perché I Negazionisti della Shoah non sono riusciti a convincere l’estrema destra e i gruppi neonazisti. Non bisogna confondere la negazione della Shoah con il neonazismo. I neonazisti non negano la Shoah: la rivendicano con orgoglio. Anche questo è decisamente terribile, ma non è la stessa cosa. Certo, l’idra della menzogna su Auschwitz può far rinascere le sue teste. Il suo cibo è l’antisemitismo. Oggi ci troviamo faccia a faccia con una negazione diffusa in molte comunità del Nord Africa e del Medio Oriente. Certo, la causa non è da ricercarsi nella storia della seconda guerre mondiale- che in quelle regioni è stata molto diversa – ma in un odio militante contro Israele ed in un antisemitismo profondamente radicato in certe motivazioni religiose e culturali.”.”(pag.116-118, non c’è una fine, ed. Bollati Boringhieri).
[…]
‘La memoria è il fondamento. Non si può pensare che il presente verrà compreso e che la costruzione del futuro sarà chiara senza le solide fondamenta della memoria. Questo è particolarmente importante nell’Europa di oggi […]. Oggi è impossibile capire cosa ci sta accadendo intorno a noi se non comprendiamo le memorie che sono alle radici del presente. La memoria,tuttavia, non è abbastanza. Auschwitz non può essere ridotta ad un mero luogo della memoria. Non possiamo fermarci solo a ricordare. La conoscenza dei fatti deve portare a comprenderli. Deve portare al riconoscimento del loro significato, ad una conoscenza sempre più profonda di sé. Settant’anni dopo la guerra, Elie Wiesel parlò di un ‘Luogo di Verità’. La conoscenza deve essere al servizio della consapevolezza e la consapevolezza deve essere costruita sulla memoria. Ed è qui che in genere il compito diventa molto più difficile. Provare a far capire ai giovani cosa significa che quasi un intero popolo è stato assassinato in Europa, e che in più si tratta del popolo che diede all’Europa cristiana le sue fondamenta, è immensamente problematico.(Altri popoli come quello Rom al pari degli ebrei fu oggetto di discriminazioni, sterminio e persecuzione che non terminò con la caduta dei regimi nazi-fascisti ma proseguì in forme più subdole anche in sistemi democratici con la programmata sterilizzazione delle donne rom in Svizzera e nei paesi scandinavi..). […]
“La lezione della Shoah non può però ridursi unicamente al suo contesto sociopolitico. Di frequente vedo e sento che gli insegnati cercano di sensibilizzare i loro studenti alla perdita assoluta che derivò dall’annientamento quasi integrale del mondo ebraico nell’Europa occupata dalla Germania nazista. In questo lamento rilevo troppo spesso un’annotazione utilitaristica:’sono scomparsi, tra di loro c’erano così tanti geni, musicisti, sportivi, poeti e pensatori. Il mondo ha perso cosi tanto …’. Trovo così estremamente fastidioso le lacrime verste su un paradiso perduto di beneficio collettivo. E’ come se l’assassinio di un genio fosse molto peggiore dell’assassinio di una persona comune. Invece tutti hanno la stessa importanza, che non può essere qualificata in termini di potenziali premi Nobel. La consapevolezza dell’importanza della Shoah, a mio parere,sta iniziando solo oggi a prendere forma nelle menti degli europei. Il significato della portata e della tragedia di tutto ciò sta iniziando solo ora ad essere realmente compreso. Vorrei proporre un punto di vista che nella longue durée(lunga durata) considerò immensamente importante, anche se non è la sola valutazione della storia e non è per niente esaustiva. Oltre chele vite degli innocenti – e non vorrei essere accusato di sminuire le tragedie individuali- l’Europa perse molto di più di una percentuale della sua popolazione, molto di più dei capolavori non creati, dei risultati scientifici non ottenuti o delle invenzioni non inventate che avrebbero meditato il premio Nobel. Perdite di questo genere in realtà sono avvenute più di una volta nella storia europea(certamente sì, non in simili vaste proporzioni o non in modo così ossessivo, sistematico e serial, se pensiamo solo alla caccia agli eretici o alle streghe, donne sagge del tempo e alla loro messa rogo come supplizio o allo sterminio degli Ugonotti a Parigi nella notte di San Bartolomeo). Anche il ruolo dell’egocentrica Europa nei confronti di quello che lei era solo un mondo esotico è stato spesso molto crudele. Nella shoah l’Europa perse sé stessa. Capirlo mette la Shoah nel giusto contesto della storia europea. Perché nella Shoah l’Europa perse tutto. Primo, il suo senso d’orgoglio. Indubbiamente,il senso d’innocenza, peraltro piuttosto ingiustificato, alla luce di tutti i conflitti, le guerre e le tragedie precedenti. Nella shoah l’Europa perse il suo diritto di credere in ciò che aveva fino ad allora aveva altamente rappresentato: la forza della moralità religiosa, l’umanesimo illuminista, i valori delle Costituzioni e della democrazia così come i dogmi del positivismo. Tutto questo sembrava essere la grande conquista dell’Europa, il sostrato,le fondamenta … e fallì. Le incontestabili basi dell’Europa si dimostrarono troppo deboli quando vennero effettivamente messe alla prova. Vista sotto questa luce, la shoah non è solo un altro tragico evento della storia europea,ma un punto di non ritorno. Un punto di svolta. Quello che era prima non esiste più. Quello che sarebbe successo dopo risultò completamente diverso. L’Europa ha bisogno di essere ripensata,dal momento che ciò che è stato fino a orasi rilevato illusorio. Non c’è da meravigliarsi poi che nei primi anni dopo la guerra siano stati fatti dei tentativi per trovare un nuovo volto all’Europa, un volto che avesse un maggior senso di solidarietà, di mutuo aiuto e di comunità. Ecco ciò che è mancato di più. In questo senso Auschwitz è una delle fondamenta basilari della comunità europea post-bellica e dell’Unione. Perché la guerra dopo la quale e in risposta alla quale un’Europa unita iniziò a essere costruita era stata diversa da tutte le guerre precedenti. E la differenza non stava nella portata della battaglia di Stalingrado o nella novità degli sbarchi in Normandia. La differenza senza precedenti in quanto a portata e novità era più evidente ad Auschwitz. Dopo una tale esperienza, l’Europa avrebbe potuto appassire,logorarsi, sprofondare nella diffidenza reciproca e nel marasma, o avrebbe potuto cambiare,ripensarci da zero.
[…]
Oggi ne sono convinto, ci stiamo avvicinando ad una vera comprensione degli avvenimenti di tanti decenni fa. Il nostro senso di consapevolezza ne trae grande vantaggio. Capiremo noi stessi in maniera diversa,più pienamente. Purtroppo, sarà accaduto a costo di troppe vite innocenti. Ma la consapevolezza che deriva dalla memoria non è il passo finale nel processo di piena comprensione. Proprio come la consapevolezza deve derivare dalla memoria, così deve anche tradursi in senso di responsabilità. No,non del tipo storico, quell’unico senso di responsabilità, molto debole, espresso nei processi mediatici di Norimberga o simili. Dopo la guerra, solo una frazione di un punto percentuale degli assassini fu sottoposta a giudizio, ben al di sotto della soglia dell’errore statistico. Non è il tipo di responsabilità che intendo. E neanche lo è la stigmatizzazione storica ed eterna della Germania, dell’Austria e dei loro vili complici. Mi sto riferendo ad una responsabilità che è vostra e che è mia, oggi. Perché sapete cosa accadde, conoscete i fatti e il loro significato, potete testimoniare al massimo livello cosa sia il vostro dovere. E qui abbiamo il problema più grande. Non ci piace dover prendere impegni. Oggi coloro che visitano Auschwitz provano a capire come si è arrivati a quest’inferno sulla terra, questo ‘anus mundi’. Maledicono chiunque non sia riuscito a fare tutto il possibile per impedire che accadesse, per opporsi. Camminando tra le recinzioni di filo spinato, si sentono vicini alle vittime. Vedendo le torrette di guardia tremano per l’empatia. A volte piangono, e non si può dubitare che le loro lacrime siano sincere. E poi tornano a casa. Qualche settimana più tardi,a cena, nel calore e nella sicurezza della loro casa, vedranno immagini in diretta di un genocidio in Africa o di una guerra civile in Sud America, di attacchi razzisti o di slogan antisemiti in uno stadio di calcio in Europa, e continueranno a cenare. Non è affar loro. Non è il loro mondo. Non li riguarda. E’ compito dei servizi segreti, dei caschi blu,delle forze della pace. Come ho già scritto, è nella mancanza di reazione nelle nostre case che vediamo la vera tragedia. Qui arriviamo al massimo grado di vicinanza a ciò che rese la Shoah possibile, a ciò che la rese fattibile. Qui tocchiamo l’autorizzazione diretta all’assassinio. Gli esecutori concreti dell’assassinio sono altri, ma gli omicidi possono essere compiuti solo se non c’è una vera opposizione. Tornando da Auschwitz,non molto tempo prima, quelli stessi visitatori si erano chiesti perché ci stati, tutto sommato, così pochi giusti tra le Nazioni. Eppure quando delle persone come Irena Sendler- che trasportava di nascosto centinaia, migliaia di bambini dal ghetto di Varsavia – hanno rischiato molto di più di quanto loro rischierebbero se salvassero anche un solo di quei bambini condannati alla morte per inedia o genocidio che osservano sugli schermi dei televisori, cenando. Questa è la responsabilità alla quale mi sto riferendo. Una responsabilità che è decisamente tangibile. Quando dico queste cose ai giovani, e spiego loro che non si tratta di un problema filosofico, di un’analisi antropologica del comportamento umano o di un tema per un seminario di sociologia e psicologia, ma è un problema di scottante attualità, una questione di vita e di morte, mi guadano stupefatti, come se fossero stati svegliati di colpo da un piacevole sogno ad occhi aperti. […]
Tutte queste persone si sono chieste perché all’epoca il mondo non fosse riuscito a reagire. E oggi nessuno di loro – o almeno quasi nessuno reagisce. […]
Quando dico queste cose a chi mi ascolta, mi sento spesso chiedere:’Ma cosa potrei fare io oggi, di preciso?’. E rispondo:’Non pensare a livello globale. Non affrontare il male nella sua totalità. Non illuderti che sia sufficiente prendere una posizione,denunciare pubblicamente un tiranno totalitario. Questo potrebbe al più irritare il tiranno, ma certo rovinare il senso di benessere del tiranno non è l’obbiettivo principale. Non è questa la preoccupazione principale degli individui che stanno per morire, o i cui figli moriranno presto tra le loro braccia. I Giusti tra le Nazioni non scrivevano lettere di protesta contro Hitler. Non focalizzarti a combattere la causa alla radice. Sii minimalista. Aiuta una persona. Solo una. Puoi sempre farlo. Fallo adesso.’ E poi di solito cala il silenzio. A dispetto della memoria e, almeno in parte, della consapevolezza, con la responsabilità continuiamo ad avere un grande problema collettivo. Le persone continueranno a morire, quasi tra le nostre stesse braccia..”(pag118-127 , non c’è una fine, ed. Bollati Boringhieri).
Sistema di codifica dei contrassegni
Il sistema di codifica dei contrassegni serviva a classificare i prigionieri, generalmente in base a gruppi creati sulla base dei motivi dell’arresto. Simboli erano in stoffa, affibbiati sulla divisa, definita dai prigionieri Zebra a causa delle strisce chiare e scure alternate: sulla casacca, all’altezza del petto, sulla sinistra, e sui pantaloni, all’altezza della coscia destra. I criteri per l’identificazione degli internati variavano però a seconda dei luoghi di detenzione, e del trascorrere del tempo. L’assegnazione di un prigioniero a una categoria dipendeva in ogni caso dall’arbitrio della Gestapo; le suddivisioni si confusero e persero poi di valore con l’aumentare dei deportati da molti paesi, e con il progressivo sgretolamento del Terzo Reich.
Triangoli colorati Tabella dei contrassegni diramata nel 1940 e nel 1941 a tutti i comandanti dei KL.
Un triangolo giallo, o una Stella di David, Judenstern, costituita da due triangoli di colore giallo appositamente sovrapposti, identificava i prigionieri ebrei;
un triangolo di colore rosso, rot, identificava i prigionieri politici, politischer Vorbeugungshäftling, arrestati per “fermo protettivo”, Schutzhaft, un pretesto per internare gli oppositori al nazionalsocialismo. Erano denominati Roter secondo la lingua del lager di Mauthausen. Identificava, fra gli altri, i massoni e i sacerdoti antifascisti o considerati tali;
un triangolo di colore marrone identificava i prigionieri zingari. Erano denominati Brauner secondo la lingua del lager di Mauthausen;
un triangolo di colore nero identificava gli asociali, Asoziale. Erano denominati Aso secondo la lingua del lager di Mauthausen. I nazisti ritenevano che fossero da considerare quali asociali, fra gli altri, i vagabondi, gli etilisti, i malati di mente, le prostitute, le lesbiche, gli zingari. Alcuni prigionieri contrassegnati dal triangolo nero svolsero il ruolo di Kapo;
un triangolo di colore viola identificava i testimoni di Geova, i “ricercatori della Bi
bbia”, Bibelforscher, detti anche “i viola”, die Violetten; un triangolo di colore rosa identificava i prigionieri maschi omosessuali, internati sulla base del Paragrafo 175. Erano denominati Rosaroter, secondo la lingua del lager di Mauthausen; un triangolo di colore blu identificava gli emigrati, Emigranten. Si trattava di fuoriusciti dalla Germania in quanto oppositori antinazisti, rientrati perché richiamati con la frode, o per la minaccia di ritorsioni nei confronti dei loro familiari. Nel lager di Mauthausen i triangoli blu erano attribuiti ai prigionieri politici spagnoli; un triangolo di colore verde identificava i delinquenti comuni,che generalmente svolgevano il ruolo di Kapo.
Seminario specifico per docenti ed educatori di ogni ordine e grado scolastico
e coeducazione con alunne/i rom
Attenzioni, sguardi, distanze, prospettive di inclusione nella scuola pubblica

03-FEBBRAIO -2018  SEMINARIO DI FORMAZIONE DOCENTI ED EDUCATORI
Cesp – Centro studi per la scuola pubblica
Sede di Bologna, Via San Carlo, 42
cespbo@gmail.com www.facebook.com/cespbo/
Giornata nazionale di formazione in collaborazione con Scuola di Pace di Monte Sole
Percorsi di scolarizzazione
e coeducazione con alunne/i rom
Attenzioni, sguardi, distanze, prospettive di inclusione nella scuola pubblica
Bologna, Sabato 3 febbraio 2018 ore 9.00 – 13.30
presso l’I.C.1 “G. Dozza” via De Carolis 23 – Bologna

Programma del seminario

ore 9-11 la condizione scolastica di Rom e Sinti nella scuola italiana dell’obbligo
Matteo Vescovi: Presentazione della giornata e della mostra sul Porrajmos
Gabriele Roccheggiani: Escludere includendo. Teorie e pratiche socio-educative nelle classi speciali “Lacio-Drom”
Dimitris Argiropoulos: La co-gestione delle differenze culturali e la pedagogia dell’Accoglienza nella scuola. Mediazioni, per esplorare creare e gestire relazioni e apprendimenti scolastici in una prospettiva inclusiva.
Pausa
ore 11.30-13.30 esperienze didattiche tra stereotipi, domande e buone o cattive prassi
Elena Bergonzini: “La memoria e i dimenticati”, laboratorio didattico a cura della Scuola di pace di Monte Sole.
Condivisione, rielaborazione e discussione delle esperienze educative e didattiche dei partecipanti.
Per le iscrizioni scrivere a cespbo@gmail.com

Per gli interventi nel laboratorio didattico
Nella seconda parte della mattina ci sarà anche un momento dedicato allo scambio di esperienze didattiche tra collegh*. Chiediamo quindi a chi ha esperienze con alunne/i Rom e Sinti maturate in classe o nella propria vita personale e professionale di arricchire con il suo racconto il laboratorio.
Chi vuole contribuire deve inviare a cespbo@gmail.com entro il 20 gennaio 2018 il titolo e un breve abstract dell’intervento (massimo una pagina) in cui descrive il grado scolastico in cui si è intervenuto, le problematiche educative di partenza, le caratteristiche della scelta didattica operata, gli eventuali aspetti problematici ancora irrisolti.
Presentazione del seminario di formazione

Esiste una specificità nelle attuali condizioni di inserimento e di successo formativo degli alunni Rom e Sinti nella scuola dell’obbligo italiana?
Quali sono gli elementi di una certa problematicità che investe i percorsi di scolarizzazione degli alunni rom provenienti da varie comunità (rom e/o sinti) e che interessa particolarmente gli alunni provenienti da una situazione abitativa di “campi nomadi”?
Come collegare la scuola alle condizioni di vita degli alunni e come finalizzare relazioni e apprendimenti scolastici ad una possibile mobilità sociale?
Il seminario di studi organizzato dal CESP (Centro Studi scuola pubblica) si propone l’obiettivo di restituire ai partecipanti degli strumenti critici per rispondere a queste domande a partire dalle difficoltà vissute e constatate quotidianamente nelle comunità romanì e nella scuola.
Una particolare attenzione sarà dedicata anche alle risposte che la scuola della Repubblica italiana ha elaborato nel tentativo di raggiungere l’obiettivo dell’integrazione e alle contraddizioni che queste proposte hanno generato, dalle classi differenziali degli anni 60 alla classificazione degli alunni con BES (Bisogni Educativi Speciali) di oggi.
La seconda parte del corso, utilizzando metodologie di tipo laboratoriale e il confronto tra le esperienze personali, sarà dedicata all’analisi di situazioni problematiche e alla elaborazione di possibili percorsi didattici ed educativi, volti sia a decostruire gli stereotipi negativi e positivi nei confronti delle minoranze “zingare”, sia a suggerire proposte di interventi didattici che possano davvero favorire il successo formativo di questi alunni e alunne.

Esperienze a confronto
A questo scopo, vorremmo che questa seconda parte si configurasse anche come un momento di scambio di esperienze. Perciò ci sarà la possibilità di mettere in comune le pratiche didattiche e l’occasione per confrontarsi. Chiediamo quindi a chi ha esperienze con alunne/i Rom e Sinti maturate in classe o nella propria vita personale e professionale di arricchire con il suo racconto il laboratorio. Chi vuole partecipare deve inviare il titolo e un breve abstract dell’intervento (massimo una pagina) in cui descrive il grado scolastico in cui si è intervenuto, le problematiche educative di partenza, le caratteristiche della scelta didattica operata, gli eventuali aspetti problematici ancora irrisolti. Le proposte vanno inviate a cespbo@gmail.com entro il 20 gennaio 2018. I partecipanti avranno in anticipo la raccolta degli abstract e gli autori avranno 10 minuti per illustrare la loro esperienza.


Mostra: “Porrajmos: lo sterminio dimenticato degli zingari”
Durante la giornata verrà presentata la mostra “Porrajmos: lo sterminio dimenticato degli zingari” allestita all’interno della scuola media Dozza dal 20 gennaio al 10 febbraio, ma disponibile per eventuali altri allestimenti all’interno delle scuole. La mostra nelle nostre intenzioni vuole essere un’occasione per parlare con gli alunni e le alunne della condizione di marginalizzazione e persecuzione delle popolazioni “zingare” d’Europa.

Informazioni sugli interventi e sui relatori

Titolo:
La co-gestione delle differenze culturali e la pedagogia dell’Accoglienza nella scuola.
Mediazioni, per esplorare creare e gestire relazioni e apprendimenti scolastici, in una prospettiva inclusiva.

Abstract:
“Gli zingari culturalmente differenti sono percepiti e disegnati come “persone di origine nomade” da riadattare per includerli nel resto della società. Una volta oggetto di riadattamento, sono percepiti e disegnati come disadattati e il loro disadattamento si attacca all’immagine che si fa di loro. Il condannabile è immaginato e come tale è condannato. E come condannato è forzatamente condannabile e lo resta. Il discorso è chiuso, ma non l’interrogativo che lo riguarda.” Jean Pierre Liégeois

I rom in situazione abitativa di campo “nomadi” vivono una speciale condizione di apartheid e la loro condizione umana è sminuita nonché segnata dalla separazione, dalla descrizione negativa, dalle discriminazioni, dall’isolamento e dall’estrema povertà economica e relazionale.
Questa popolazione affronta il paradosso, l’ossimoro, di considerare un messaggio altamente contraddittorio: è “invitata” dalle istituzioni, centrali e/o locali, attraverso abbandoni, sgomberi, violenze ma anche attraverso leggi, regolamenti, tutele ad abitare nei campi e nello stesso tempo e dalle stesse istituzioni, è “invitata” ad inviare i loro figli e figlie alla scuola impostata sul modello inclusivo (si proclama tale). All’esclusione abitativa e di vita si contrappone l’inclusione scolastica. Di conseguenza i rapporti con la scuola presentano una certa criticità costituita da abbandoni, conflitti, malintesi, avversità, che si estende agli apprendimenti disegnati e vissuti come difficili e talvolta impossibili, di fatto a-storici, non contestualizzati, costrittivi, che cristallizzano, oggettivandone la presunta ineducabilità, gli alunni/e rom.

Relatore: Dimitris Argiropoulos
Docente dell’Università di Parma, insegna Pedagogia speciale ed Educazione Interculturale.

Titolo:
Escludere includendo. Teorie e pratiche socio-educative nelle classi speciali Lacio Drom

Abstract
” A causa della sua cultura lo zingaro è in ritardo, è un bambino che deve essere aiutato a crescere, a recuperare il suo gap” (Mirella Karpati)

L’inclusione scolastica delle minoranze rom e sinti in Italia coincide per circa un ventennio (anni ’60-’80) con le classi speciali Lacio Drom, con l’effetto paradossale di rafforzare la rappresentazione di questa popolazione come esterna a quella italiana. Tale politica educativa nasce da un combinato di saperi, esperti psico-pedagogici e istanze istituzionali, la cui genealogia e articolazione offre ancora uno sguardo dialettico sul presente.

Relatore: Gabriele Roccheggiani
Dottore di ricerca in Sociologia presso l’Università di Urbino Carlo Bo.
Docente di Storia e Filosofia presso il Liceo artistico Edgardo Mannucci di Ancona.


Titolo: “La memoria e i dimenticati”

Abstract
Ogni memoria istituzionale, di comunità, familiare, è il risultato di scelte: si sceglie cosa ricordare e cosa tralasciare. Lo scopo di questa attività laboratoriale è stimolare una riflessione sui meccanismi che guidano queste scelte e su come stereotipi e pregiudizi radicati possano esserne sia la causa che il prodotto.

Conduce il laboratorio:
Elena Bergonzini, educatrice della Scuola di Pace di Monte Sole.
Per le iscrizioni scrivere a cespbo@gmail.com

Promuove Comunimappe e Casa del Popolo venti pietre in cooperazione con Enmadrid Otraitalia, Amirs, Cesp, Anpi -Mario Ventura -. di Santa Viola, Frequenze partigiane, Rete Ivan Ilich, Smaschieramenti -Babs-ex Atlantide sgomberato, Centro sociale Lazzaretto.
QUESTI GIORNI DI MEMORIA DAL 20 GENNAIO AL 10 FEBBRAIO 2018 NON SAREBBERO STATE POSSIBILE SENZA LA COOPERAZIONE ATTIVA E DAL BASSO E LA CONCATENAZIONE DELLE MOLTE SINGOLARITA’ COMUNI PRESENTI NELLA NOSTRA CITTA’
PINO DE MARCH PER CONTRADE SOLIDALI ROM, SINTI E GAGI DI COMUNIMAPPE
Contatti: comunimappe@gmail.com
Informazioni blog: comunimappe.blogspot.com

PERIFERIE E MEMORIE ATTIVE ANTIFASCISTE,ANTIRAZZISTE E ANTISESSISTE : DAL 20 GENNAIO AL 10 FEBBRAIO 2018

LA LIBERA COMUNE UNIVERSITÀ – PLURIVERSITÀ BOLOGNINA                                                                                                                                     IN COOPERAZIONE CON ISTITUTO COPRENSIVO IC1- SCUOLA DOZZA ,IL CESP (CENTRO STUDI PER LA SCUOLA PUBBLICA) E L’AMIRS (ASSOCIAZIONE MEDIATORI INTERCULTURALI ROM E SINTI)  mostra  fotografica 

SUL PORRAJMOS – IN LINGUA ROMANES – ‘DIVORAMENTO’ , UNO DEGLI  STERMINI  NAZI-FASCISTI DIMENTICATI DALLE MEMORIE – QUELLO DELLE GENTI ROMANI’ (ROM,SINTI), COME  E’ ACCADUTO PER I DIVERSI GENERI LGBTQ, E  SEMINARIO DI FORMAZIONE NAZIONALE CESP– PERCORSI DI SCOLARIZZAZIONE E MOBILITA’ SOCIALE PER GLI STUDENTI E STUDENTESSE ROM E SINTI CHE SI TERRA’ – IL 03 FEBBRAIO DALLE 9 ALLE 13, AULA MAGNA DELL’IC3 –DOZZA-LAME – VIA DE CAROLIS 23- BOLOGNA
dal 20 gennaio al 10 febbraio dalle ore 9 alle ore 12 dal lunedi a sabato (lunedi e venerdì pomeriggio dalle 15 alle 18 aperto al quartiere e alla città
PRESSO L’ISTITUTO COMPRENSIVO IC1- SCUOLA DOZZA IN DE CAROLIS,23
aperta alle classi di ogni ordine e grado.
L’ingresso alla mostra è gratuito, vi chiediamo solo di lasciare un contributo per contribuire alle spese(OFFERTA LIBERA).
Quest’anno ai ragazzi e alle ragazze che visiteranno la mostra,chiediamo fin d’ora,di portare con sé un oggetto personale in uso nei giorni di frequenza alla scuola e di deporlo in un punto che sarà indicato dai custodi, ricercatori e curatori, per segnalare che l’entrata in un campo di concentramento, significava innanzitutto la totale spersonalizzazione delle persone lì deportate (il ritorno alla nuda vita, così spogliate di ogni loro forma di vita), e finire per sempre in uno dei tanti suoi gironi infernali, a cui seguivano lavori forzati, sperimenti eugenetici, maltrattamenti ; ed infine il passaggio nelle camere a gas per alcuni/e  e per altri/e la morte per fame e stenti, le arbitrarie esecuzioni dei kapò, e come destino di tutti e tutte, i forni crematori o le fosse comuni.             Con questi oggetti donati allestiremo una mostra di memoria attiva e perenne nella scuola.
 (per visitare la mostra è necessaria la prenotazione scrivendo a comunimappe@gmail.com).
Con questo percorso fotografico che comprende 45-50 immagini tratte da archivi storici e da noi  sottotitolate, ed con altre duecento riproduzioni visive sul tema condensate in un file, vogliamo accompagnarvi in un viaggio infernale attraverso la persecuzione e lo sterminio nazi-fascista degli ‘zingari’(popolo Rom), ma vogliamo anche testimoniare la resistenza orgogliosa di questo popolo che non rifugge l’integrazione e la convivenza con gli abitanti dei paesi che attraversa e che li ospita (i ‘gagè’, come loro li chiamano). Un popolo che non ha mai dichiarato guerra ai suoi vicini, ma che è stato capace di combattere e sacrificarsi al fianco delle forze della resistenza democratica antifascista in Italia come in altri paesi europei, per riconquistare per sé e per noi la libertà calpestata, dai regimi nazi-fascisti, che avevano alcuni sospeso ed altri abolito,ma tutti messo in scacco le costituzioni liberali vigenti . Queste immagini, oltre ad interpellare la nostra memoria comune di tutte le vittime del nazifascismo, ci ricordano che, come per la Repubblica italiana, le radici della nuova Europa democratica sono da ricercare nella guerra di resistenza che tanti e tante hanno combattuto in nome del diritto di tutti e di ciascuno a vivere in una società aperta e solidale, in cui siano riconosciute le molteplici minoranze linguistiche e culturali in essa presenti, e sia finalmente sopita ogni forma di ‘fobia’ (paura e repulsione) verso le diverse umanità e culture, siano esse ebrei, rom, omosessuali-lgbtq, diversamente abili o H, o altre minorità religiose o politiche. In questo senso, possiamo affermare con forza che anche il popolo romanì ha saputo dare il proprio significativo contributo alla realizzazione di questa Europa che deve ancora venire.
Ringraziamo l’associazione CIPES (Centro di Iniziativa Politica e Sociale) di Milano per averci prestato il loro materiale.
LA MOSTRA FOTOGRAFICA E’ STATA CURATA ARTISTICAMENTE E GRAFICAMENTE DA RAFFAELE PETRONE (Docente storia dell’arte all’ IC1 – Bolognina) E LE RICERCHE STORICHE E LE DISCASCALIE, DA ESSE TRATTE, CHE SOTTOTITOLANO LE SINGOLE IMMAGINI DA MATTEO VESCOVI (Docente di Storia ed Italiano dell’Istituto Agrario Serpieri di Bologna)
PORRAJMOS: LO STERMINIO DIMENTICATO DEL POPOLO ROMANI'(Inno delle Genti Rom)
“Alzatevi Rom (uomini liberi)
è arrivato il momento, venite con me
e con tutti gli uomini liberi del mondo.
O Rom, o giovani!
Io pure avevo una grande famiglia
La nera legione l’ha massacrata.
Perché?
 Le strade zingare ci sono aperte
E’ il momento: alzati rom
Noi scatteremo e agiremo.
O zingari, o giovani!”
Djelem, djelem di Zarko Jovanovic, rom serbo
PORRAJMOS: (divoramento) un vocabolo che nella lingua romanì indica la persecuzione e lo sterminio che il Terzo Reich attuò, con la complicità degli altri fascismi d’Europa, nei confronti del popolo romanì. Il “Porrajmos”, al pari della più nota Shoah, è diretta conseguenza dell’ideologia razzista nazi-fascista. Fin da subito i nazisti nel Terzo Reich si preoccuparono di isolare gli zingari dal “corpo sano” della società per recluderli nei campi di concentramento, così nel 1938 in Germania fu emanata la legge che definisce i provvedimenti da prendere per la gestione della “razza zingara”, mentre lo sterminio del popolo romanì fu avviato da Himmler, come parte della “soluzione finale”, il 16 dicembre del 1942 con l’ordine di deportare ad Auschwitz “tutti gli zingari”.
L’approccio razziale del Terzo Reich venne ripreso dal regime fascista italiano, e la questione “zingari” venne inquadrata all’interno delle problematiche aperte dalle legge razziale del 1938 promosse da B. Mussolini. [Vittorio Emanuele III, le cui spoglie sono rientrate in Italia con la moglie Elena del Montenegro in questi giorni, (dicembre 17)fu l’unico monarca in Europa a promulgare leggi di discriminazione razziale contro il proprio popolo (va ricordato anche la sua secondogenita Mafalda espiò e finì i suoi giorni al campo di concentramento di (Buchenwald) . I rastrellamenti cominciarono subito, ma la prima disposizione specifica è del 1940 e prevedeva la reclusione di tutti “gli zingari” italiani e stranieri in campi ad hoc(esclusivamente riservati). La situazione, poi, mutò in peggio dopo l’8 settembre del 1943, quando con la Repubblica Sociale di Salò (divenuta parte Terzo Reich) i detenuti dei campi furono deportati verso i lager tedeschi.  Proprio come gli ebrei, gli ‘zingari’ (oggi dignitosamente Rom o Romanì)furono perseguitati e uccisi in quanto “razza inferiore” destinata, secondo l’aberrante ideologia nazista non alla sudditanza al Terzo Reich, ma alla morte. Ma proprio questa definizione è il nodo del problema, perché per molto tempo dopo la fine della guerra, e allo sterminio nazista delle Genti Romanì non era ancora stata riconosciuta la motivazione razziale, ma lo si è considerato conseguenza, ‘banalmente ovvia’, come tutti i mali (direbbe la filosofa Hannah Arendt)di quelle misure di prevenzione della criminalità che ‘naturalmente’ si acuiscono in tempo di guerra. Una tesi smentita, ma che trova fondamento anche nella constatazione che, almeno nella prima fase del governo nazista, esso non fece altro che applicare ed ampliare le disposizioni già presenti in tantissimi stati europei, che già nei primi anni del ‘900 avevano tentato di schedare e controllare le minoranze zigane, ritenute un elemento disgregatore della supposta e ben ordinata comunità ‘organica’ fascista.
In realtà, i provvedimenti presi dal Reich tedesco nella metà degli anni Trenta servirono solo a preparare un “più coerente” piano di sterminio. I Romanì, infatti, furono dichiarati “asociali” e poi furono perseguitati, imprigionati, seviziati, sterilizzati in massa, utilizzati come cavie per esperimenti medici, gasati nelle camere a gas dei campi di sterminio proprio in quanto ‘zingari’e quindi, secondo l’ideologia nazista, geneticamente ladri, truffatori, nomadi, razza inferiore indegna di esistere. E chiunque si fosse unito in matrimonio con un appartenente al popolo rom, fosse anche un germanico ‘ariano o ariana’,doveva  divorziare e in caso contrario  subire le stesse conseguenze di persecuzioni e sterminio riservato agli ‘zingari’ come agli ebrei.
Almeno cinquecentomila morirono nei campi di concentramento, ma probabilmente furono molti di più, considerando quelli non censiti o uccisi nei rastrellamenti delle campagne. Nello Zigeunerlager, il campo loro riservato ad Auschwitz-Birkenau, tra il febbraio 1943 e l’agosto 1944 oltre ventimila tra Rom e Sinti vennero condotti nelle camere a gas.
In Italia i Rom furono imprigionati nei campi di concentramento di Agnone, Berra, Bojano, Bolzano, Ferramonti, Tossicìa, Vinchiaturo, Perdasdefogu, le isole Tremiti e in quello di Gonars. Si trattava di cittadini italiani, ma anche di altre nazionalità; un gran numero erano Rom slavi, fuggiti in Italia dalle persecuzioni dei nazi-fascisti  nei loro paesi. Molti di loro riuscirono a fuggire e si unirono alle bande partigiane.
(parti  tratte da note da Giovanna Boursier, Zigeuner, lo sterminio dimenticato, Sinnos editrice 1996)
 Per prenotare la visita alla mostra scrivere a comunimappe@gmail.com (ricercatore -accordatore -coordinatore  Pino de March)
L’ingresso alla mostra è gratuito, vi chiediamo solo di lasciare un contributo per contribuire alle spese.
PROMUOVE LA LIBERA COMUNE UNIVERSITA’ – PLURIVERSITA’- BOLOGNINA ( Pino de March, Gianpiero Lipparini(anpi borgo panigale), Raffaele Petrone, Elisa Duca e Dadalupa)

 MEMORIE ATTIVE DI SHOA E DI ALTRI DIMENTICATI STERMINI NAZIFASCISTI DI GENTI ROMANI’ E DI SOGGETTIVITA’ LGBT, NON SOLO PER RICORDARE MA PER COMPRENDERE IL RIPETERSI STORICO DI SERIALI GENOCIDI, ATTI DI MUTATA OSSESSIONE COADIVUTE DA TECNOLOGIE,  MA CON LIVELLI SEMPRE PIU’ CRESCENTI DI TERRORE, ORRORE, E CRUDELTA’

 MERCOLEDI 24 GENNAIO 2018
ORE 17,30
 Sala Consiliare Falcone e Borsellino 
in via Battindarno 123 – Bologna

QUARTIERE BORGO RENO

 L’offesa del silenzio
ORE 17,30:
FILMATO 

ORE 18: 
STUDIOSI, RICERCATORI E TESTIMONI ROMANì RACONTERANNO DEL LUNGO SILENZIO SUL PORRAJMOS E DEL PERDURARE CONTEMPORANEO DELL’ANTIZIGANISM

GIULIO SORAVIA: IL POPOLO NEGATO
LUCA BRAVI: IL PORRAJMOS
DIMITRIS ARGIROPOLOUS: CONOSCERE E RICONOSCERE UNA MINORANZA A PARTIRE DALLA DISCRIMINAZIONE ESTREMA
PROMUOVONO:

ANPI BORGO RENO

QUARTIERE BORGO RENO

IC1- SCUOLA DOZZA –BARCA – VIA A. DE CAROLIS 23

AMIRS –ASSOCIAZIONE MEDIATORI INTERCULTURALI ROM E SINTI

COMUNIMAPPE – LIBERTA COMUNE UNIVERSITA’ PLURIVERSITA’ BOLOGNINA

  
SABATO 27 GENNAIO 2018  
MATTINO

 DALLE 8,30 ALLE 13,30
 MEMORIE ATTIVE DI SHOA E DI PORRAJMOS

ALLA SCUOLA DOZZA -1C1 – VIA A. DE CAROLIS 23 -BARCA

1 EVENTO CON QUATTO CLASSI 
DALLE 8,30 ALLE 11
2 EVENTO CON ALTRE QUATTRO CLASSI 
DALLE 11 ALLA 13,30
 (per ogni evento si ripeteranno gli stessi interventi, nello stesso ordine con cui sono stati qui sotto descritti)
ACCOGLIENZA MUSICALE DEGLI STUDENT@

 SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ 3 BRANI DI MUSICHE  ZIGANE

APERTURA DELLA GIORNATA DA PARTE DELLA DIRIGENTE (PRESIDE) DELL’IC1 –DOZZA E DI UN RAPPRESENTANTE DELL’ANPI BORGO RENO

PRESENTAZIONE DEL PROGETTO MEMORIE ATTIVE DA PARTE DI PINO DE MARCH DI COMUNIMAPPE 
  
SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ BRANI DI MUSICHE KLEZMER


 TESTIMONIANZE DI UN RAPPRESENTANTE DELLA COMUNITA’ EBRAICA
DADALUPA LETTURA BRANI TRATTI DA L’INFERNO A TRIBLINKA DI VASILIJ GROSSMAN
SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ BRANI DI MUSICHE  ZIGANE 
TESIMONIANZE DI APPARTENENTI E MEDIATORI INTERCULTURALI (ASSOCIAZIONE AMIRS-ASSOCIAZIONE INTERCULTURALE ROM E SINTI) DELLE COMUNITA’ URBANE ROM E SINTI NELLA NOSTRA CITTA’
 SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ BRANI DI MUSICHE  ZIGANE
ELISA DUCA PEDAGOGISTA LIBERA RICERCATRICE parlerà di memorie del Porrajmos e dell’antiziganismo pensato, praticato, taciuto e dimenticato
SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ BRANI DI MUSICHE DELLA RESISTENZ A
 PRESENTAZIONE MOSTRA FOTOGRAFICA DA PARTE DI RAFFAELE PETRONE – Docente di storia dell’arte IC3-lame che ha curato la parte artistica e grafica e Matteo Vescovi – docente di Italiano e storia dell’IST. AGRARIO SERPIERI che ha curato aspetti storici e le didascalie.

“Mio angelo di cenere”

 MUSICHE E CANZONI  TRATTE DA CONCERTO JENISCHE –PROGETTO MEHR

(MEHR, POETA SVIZZERA APPARTENENTE ALLE COMUNITA’ NOMADI O ‘ZINGARI BIANCHI’ O JENISH SOTTOPOSTI A PRATICHE EUGENETICHE O STERILIZZAZIONI TRA ANNI TRENTA E OTTANTADEL SECOLO SCORSO 

Fabio Turchetti / Daniela Coelli

Lo spettacolo è basato sulle poesie di Mariella Mehr, una poetessa svizzera di origine rom autrice di romanzi, libri di poesie e opere teatrali che ha fatto delle persecuzioni subite dal suo popolo il centro della propria scrittura.   Nello spettacolo che alterna momenti recitati ad altri cantati  Daniela Coelli  recita e canta mentre Fabio Turchetti suona la fisarmonica e la chitarra.
Ci sono generalmente altri due musicisti in scena: Luca Congedo al flauto e Luca Garlaschelli al contrabbasso (ma esiste la versione ridotta in duo o quella ampliata con altri attori/musicisti) 
Un po’ di storia
Mariella Mehr è nata a Zurigo ma ha vissuto a lungo in Toscana. Nel 2007  in occasione della presentazione delle sue poesie al teatro Fraschini  di Pavia Fabio Turchetti è stato chiamato ad accompagnarla sul palco musicando e cantando  alcune  liriche originariamente scritte in tedesco e tradotte in italiano da Anna Ruchat. Le atmosfere che ha scelto per “metter in musica” queste  liriche sono ovviamente  quelle del mondo gitano, dalla rumba flamenca allo swing manouche
A questo  esordio di Pavia  sono seguiti poi alcuni festival tra cui quello della letteratura di Chiasso dove sempre nel 2007  il concerto è stato registrato in diretta dalla radio svizzera. La registrazione è stata  stampata e pubblicata nell’ omonimo cd pubblicato dalla CPC. Con il peggioramento della salute di Mariella la collaborazione si è poi interrotta. Nel 2014 è nata questa nuova versione con un taglio più teatrale dove Daniela Coelli  oltre che  cantare e recitare le liriche di Mariella ha inserito due momenti di prosa tratti dal romanzo “La Bambina”ed alcuni brevi estratti del libro di Isabel Fonseca “Seppellitemi in piedi “. Lo spettacolo è stato portato in giro negli ultimi anni in varie città italiane tra cui Roma, Desio (MI),Lodi,Piacenza, Montebuono(PG),Castelverde, Cremona.
 Mariella Mehr, nata a Zurigo nel dopoguerra, il 27 dicembre 1947, da madre zingara di ceppo Jenische, vittima dell’operazione Kinder der Landstrasse, (bambini di strada)  ha fatto della denuncia della persecuzione del suo popolo il centro della propria scrittura, vincendo numerosi premi e la Laurea Honoris Causa nel 1998 dalla Facoltà di Storia e Filosofia dell’Università di Berna per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati. Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera negli anni’40, erano già stati vittime, insieme ad altre etnie nomadi, di una cruenta persecuzione nazista che, in nome della famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa.  Già nella primissima infanzia fu strappata alla madre per essere consegnata a famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici, in quanto la rottura totale tra il bambino e il suo universo familiare era ritenuta condizione indispensabile per l’estirpazione del fenomeno zingaro (dal 1926 al 1972 furono 600 i bambini sottratti a forza alle loro famiglie nell’ambito di un programma che doveva plasmarli secondo i modelli della società sedentaria).
E’ da questa esperienza di sradicamento, segregazione e colpevolizzazione che nascono tutte le opere della Mehr, in particolare i romanzi della “trilogia della violenza”, di cui La bambina fa parte, e la raccolta di poesie Notizie dall’esilio, alcune delle quali musicate da Fabio Turchetti nello spettacolo Mio Angelo di Cenere.
Isabel Fonseca vive a Londra. Scrive sul Times, The Nation e  The Wall Street Journal. Ha pubblicato “Seppellitemi in piedi “ nel 1999 dopo una lunga serie di studi presso le comunità rom dell’est Europa
SABATO 27 GENNAIO 2017
SERANOTTE ANFISCISTA, ANTISESSISTA ED ANTIRAZZISTA
AL CENTRO SOCIALE 20 PIETRE VIA MARZABOTTO, 2, BOLOGNA 

DALLE 18ALLE 24
MEMORIE ATTIVE DI DIMENTICATI STERMINI E RESISTENZE DELLE GENTI ROMANI’ E DELLE SOGGETTIVITA’ LGBTI

ORE18
APERTURA DELLA GIORNATA DI UN/A APPRESENTANTE DELLE SEZIONI ANPI D’AREA PONENTE (IN FASE DI CONTATTO)
 
SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’  BRANI DI MUSICHE ROM

PRESENTAZIONE DEL PROGETTO MEMORIE ATTIVE E DI CONTRADE SOLIDALI ROM,SINTI E GAGI DA PARTE DI PINO DE MARCH DI COMUNIMAPPE

SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’  BRANI DI MUSICHE ROM

BRUNELLA GUIDA CONSILIARA DI QUARTIERE NAVILE, PARTE DEL DIRETTIVO DI COALIZIONE CIVICA, STRENUA DIFENSORA  DEI DIRITTI AD ABITARE LA CITTA’ PER I SINTI DI BOLOGNINA E PER I DIRITTI CULTURALI E SOCIALI DEI ROM  TUTTI PRESENTI NELLA NOSTRA CITTA’
CONCERTO E DANZA ROM                                                                                                                                                                                                     LIONEL RADUCAN -MAESTRO FISARMONICISTA E PRESIDENTE  DELL’AMIRS ED AGHIRAN -MAESTRO  DI DANZA ROM
 

TESTIMONIANZE DA PARTE DI APPARTENENTI E  MEDIATORI INTERCULTURALI (ASSOCIAZIONE AMIRS-ASSOCIAZIONE INTERCULTURALE ROM E SINTI) E DELLE COMUNITA’ URBANE ROM E SINTI NELLA NOSTRA CITTA’

SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’  BRANI DI MUSICHE ROM

ELISA DUCA PEDAGOGISTA LIBERA RICERCATRICE parlera’ di memorie del porrjmos e dell’antiziganismo pensato, praticato, taciuto e dimenticato

SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’  BRANI DI MUSICHE RESISTENZ A

NARRAZIONI E TESTIMONIANZE DI PERSECUZIONI E STERMINI  DI DIFFERENTI GENERI   LGBT  DEL GRUPPO BABS E DEL LABORATORIO SMASCHIERAMENTI -EX ATLANTIDE OCCUPATO

RENATO BUSARELLOED ALTRE

SALVATORE PANU MUSICISTA E DOCENTE PRESENTERA’ ALCUNI BRANI DI MUSICHE KLEZMER (EBRAICHE)

 LETTURE DI DADA LUPA DI BRANI TRATTI DAL TESTO ‘L’INFERNO DI TRIBLINKA DI VASILIJ GROSSMAN

PRESENTAZIONE MOSTRA FOTOGRAFICA DA PARTE DI RAFFAELE PETRONE – Docente di storia dell’arte IC3-lame che ha curato la parte artistica e grafica e Matteo Vescovi – docente di Italiano e storia dell’IST. AGRARIO SERPIERI che ha curato gli aspetti storici e le didascalie

MATTEO VECOVI E DIMITRIS ARGIROPULOS PRESENTANO SEMINARIO CESP-CENTRO STUDI PER SCUOLA PUBBLICA SU  SCOLARIZZAZIONE ,COEDUCAZIONE E MOBILITA’ SOCIALE  DEI RAGAZZI ROM-SINTI

  
 ORE 20
 ANTIPASTI ZIGANI ED EROTICI come R-esistenza o riaffermazioni di esistenze negate e cancellate

 Giorgio Simbola e il piccolo concerto di musichegipsy e swing
ORE 22
CONCERTO JENISCHE –PROGETTO MEHR
(MEHR, POETA SVIZZERA APPARTENENTE ALLE COMUNITA’ NOMADI O ‘ZINGARI BIANCHI’ O JENISH SOTTOPOSTI A PRATICHE EUGENETICHE O STERILIZZAZIONI TRA ANNI TRENTA E OTTANTA DEL SECOLO
Fabio Turchetti / Daniela Coelli
Mio angelo di cenere”
Lo spettacolo è basato sulle poesie di Mariella Mehr, una poetessa svizzera di origine rom autrice di romanzi, libri di poesie e opere teatrali che ha fatto delle persecuzioni subite dal suo popolo il centro della propria scrittura.   Nello spettacolo che alterna momenti recitati ad altri cantati  Daniela Coelli  recita e canta mentre Fabio Turchetti suona la fisarmonica e la chitarra.
Ci sono generalmente altri due musicisti in scena: Luca Congedo al flauto e Luca Garlaschelli al contrabbasso (ma esiste la versione ridotta in duo o quella ampliata con altri attori/musicisti) 
Un po’ di storia
Mariella Mehr è nata a Zurigo ma ha vissuto a lungo in Toscana. Nel 2007  in occasione della presentazione delle sue poesie al teatro Fraschini  di Pavia Fabio Turchetti è stato chiamato ad accompagnarla sul palco musicando e cantando  alcune  liriche originariamente scritte in tedesco e tradotte in italiano da Anna Ruchat. Le atmosfere che ha scelto per “metter in musica” queste  liriche sono ovviamente  quelle del mondo gitano, dalla rumba flamenca allo swing manouche
A questo  esordio di Pavia  sono seguiti poi alcuni festival tra cui quello della letteratura di Chiasso dove sempre nel 2007  il concerto è stato registrato in diretta dalla radio svizzera. La registrazione è stata  stampata e pubblicata nell’ omonimo cd pubblicato dalla CPC. Con il peggioramento della salute di Mariella la collaborazione si è poi interrotta. Nel 2014 è nata questa nuova versione con un taglio più teatrale dove Daniela Coelli  oltre che  cantare e recitare le liriche di Mariella ha inserito due momenti di prosa tratti dal romanzo “La Bambina”ed alcuni brevi estratti del libro di Isabel Fonseca “Seppellitemi in piedi “. Lo spettacolo è stato portato in giro negli ultimi anni in varie città italiane tra cui Roma, Desio (MI),Lodi,Piacenza, Montebuono(PG),Castelverde, Cremona.
Mariella Mehr, nata a Zurigo nel dopoguerra, il 27 dicembre 1947, da madre zingara di ceppo Jenische, vittima dell’operazione Kinder der Landstrasse, (bambini di strada)  ha fatto della denuncia della persecuzione del suo popolo il centro della propria scrittura, vincendo numerosi premi e la Laurea Honoris Causa nel 1998 dalla Facoltà di Storia e Filosofia dell’Università di Berna per l’impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati. Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera negli anni’40, erano già stati vittime, insieme ad altre etnie nomadi, di una cruenta persecuzione nazista che, in nome della famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa.  Già nella primissima infanzia fu strappata alla madre per essere consegnata a famiglie affidatarie, orfanatrofi, istituti psichiatrici, in quanto la rottura totale tra il bambino e il suo universo familiare era ritenuta condizione indispensabile per l’estirpazione del fenomeno zingaro (dal 1926 al 1972 furono 600 i bambini sottratti a forza alle loro famiglie nell’ambito di un programma che doveva plasmarli secondo i modelli della società sedentaria).
E’ da questa esperienza di sradicamento, segregazione e colpevolizzazione che nascono tutte le opere della Mehr, in particolare i romanzi della “trilogia della violenza”, di cui La bambina fa parte, e la raccolta di poesie Notizie dall’esilio, alcune delle quali musicate da Fabio Turchetti nello spettacolo Mio Angelo di Cenere.
Isabel Fonseca vive a Londra. Scrive sul Times, The Nation e  The Wall Street Journal. Ha pubblicato “Seppellitemi in piedi “ nel 1999 dopo una lunga serie di studi presso le comunità rom dell’est Europa

periferie e memorie attive di COMUNIMAPPE IN COOPERAZIONEtrasversale con

          CESP-CENTRO STUDI PER LA SCUOLA PUBBLICA – via San Carlo, 42
          IC3 -DOZZA-BARCA (Dirigente Mariolina Rocco e Coordinamento progetto Memorie attive- Docenti  Loredana Magazzeni Giorgio Simbola
          AMIRS – ASSOCIAZIONI MEDIATORI INTERCULTURALI ROM E SINTI (Tomas Fulli – mediatore della comunità urbana Sinta e Milan Jovanovic – mediatore per la comunità urbana Rom)
–  CENTRO SOCIALE 20 PIETRE -VIA MARZABOTTO 2- BOLOGNA(Maurizio Pullici)
– ALCUNE SOGGETTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE SMASCHERAMENTI LEGBT- EX ATLANTIDE SGOMBERATO (RenATO Busarello)
– ERMADRID – CULTURE RESISTENTI E CRITICHE ITALIANE  A MADRID (elisabet)
– TORE PANU -MUSICISTA FISARMONICISTA DI CANTI POPOLARI 
– JOVEL RADUCAN – MUSICISTA E FISARMONICISTA ROMANI’
– Attivista politico culturale Giampiero Lipparini -ANPI BORGO PANIGALE
          DIMITRIS ARGIROPOLUS – DOCENTE DI PEDAGOGIE DELLA MARGINALITA’ PRESSO  UNIVERSITA’ DI PARMA 
CON UNA GRANDE ESPERIENZA DI RICERCA E ATTIVITA’ DI PEDAGOGIA DI STRADA TRA LE COMUNITA’ UNRBANE ROM E SINTE DELLA NOSTRA CITTA’.  HA CONTRIBUITO CON PROPRIE CONOSCENZE E RELAZIONI ALLA REALIZZAZIONE DEL SEMINARIO DI FORMAZIONE – PERCORSI DI SCOLARIZZAZIONE PER
 ROM E SINTI CHE SI TERRA’ 
IL 03 FEBBRAIO DALLE 9 ALLE 13, AULA MAGNA DELL’IC3 –DOZZA-VIA DE CAROLIS 23.
per iscirizone al seminario di formazione -docenti- nazionale  – informarsi 

su  www.cespbo.it
e  scrivere al Prof. Matteo Vescovi – email: m.vescovi79@gmail.com

 informazioni in rete
 comunimappe.blogspot.com (pino de March,libero ricercatore )
www.cespbo.it (Gianluca Gabrielli, Edoardo Recchi e Matteo Vescovi docenti e coordinatori di seminario )
CONTATTI ED INFORMAZIONI.
comunimappe@gmail.com 
blog: comunimappe.blogspot.com 
Pino de March – accordatore e coordinatore di Comunimappe ringrazia anticipatamente tutte le persone che si sono rese disponibili e spese per realizzare tali eventi di periferie e memorie attive.