FESTA ACCOGLIENTE E CONVIVIALE DI PRIMAVERA TRA ROM SINTI E GAGE’
APERTA A TUTTE LE GENTI DELLA CITTA’ METROPOLITANA DI BOLOGNA
TRA LA META’ DEL MESE DI APRILE E QUELLA DI MAGGIO LE GENTI ROM E SINTI D’EUROPA FESTGGIANO
IL DJURDJEVDAN o IL GIORNO DI SAN GIORGIO NELLE TRADIZIONI DEI NOMADI CRISTIANI
O DEL PROFETA HIZIR IN QUELLE DEI NOMADI MUSSULMANI,
MA TUTTE LE GENTI IN QUESTO TEMPO TURBOLENTO E VITALE DI PASSAGGIO, L’AVVENTO DELLA FIORENTE PRIMAVERA.
PRIMAVERA CHE RINASCE DA UNA LOTTA VITALE CON IL MORENTE E RIGIDO INVERNO.
SABATO 13 MAGGIO 2017
ZONA ORTIVA IN VIA ERBOSA 17-ACCANTO CAPO NOMADI SINTI
DALLE ORE 15
LABORATORI CON BAMBINI SULLE EMOZIONI
SUSCITATE DAL CONTATTO CON ‘GLI ZINGARI’
DALLE 17
SIMPOSIO SULLE CONDIZIONI ESISTENZIALI DELLE GENTI ROM E SINTI IN CITTA’
INTERVALLATO DA POETI E POETE ROMANI’
DALLE 19
CENA ZIGANA(15 EURO)
DALLE 20 ALLE 24
MUSICA, CANTI, DANZA, BALLI ALLA ROMANES
Una leggenda antica ci narra di un cavaliere errante Giorgio che salva una nobile nord-africana, Silene dalle fauci di un drago feroce ed affamato che ogni sera si levava dalle acque di un lago vicino alla città di Selem per cercare pasto di agnelli e capretti, e quando non c’erano più capri sacrificali animali, indifferentemente pretendeva venissero offerti i giovani del villaggio come pasto per nutrirsi. La dura ferita inferta del drago dal giovane cavaliere Giorgio porta con sé non solo la salvezza della figlia del re ma libera tutta la città di Selem dal terrore suscitato da tempo ormai immemorabile questo feroce drago in quella lontana città libica. I Rom di tradizione cristiana, con il culto dei santi, identificano ormai da secoli nel cavaliere errante Giorgio un loro simile che protegge le popolazioni nomadi dal rigido freddo d’inverno, stagione che da sempre mite moltissime vittime tra loro,vecchi o bambini che siano, drago feroce l’inverno per ogni nomade o Rom; ed è per questo che non si dimenticano mai di festeggiarlo tra aprile e maggio, questo divenuto santo cavaliere nomade, che con la morte da lui inferta al drago-inverno favorisce la salvezza-rinascita della giovane primavera -Silene- e la liberazione dal drago-inverno che da sempre infonde loro terrore gelido seminando morti spesso per fuoco di stufette elettriche o gas.
Giorgio però non si limitò a salvare la principessa e la città dal terrore seminato dal drago ma in cambio pretese la conversione di tutto il popolo di Selem al cristianesimo.
Dopo questa conversione dal paganesimo al cristianesimo del popolo di Selem, indotta non solo dalle sue gesta ma da un terribile ricatto, che sarebbe consistito nel liberare di nuovo il drago ferito ma non morto se non fosse seguita una conversione di tutto il popolo di Selem, i funzionari romani venuti a conoscenza di tale mutamento religioso nel popolo, per ordine dell’imperatore Diocleziano nel 303 dell’era nuova, ordinarono ai soldati di catturare Giorgio per aver convinto, ma per loro obbligato il popolo a seguire una religione contraria all’ impero romano. Il corpo di Giorgio fu tagliato con una ruota chiodata in due parti, però accade una cosa sorprendente che per tre volte il corpo reciso si ricomponesse e resuscitasse compiendo diversi miracoli. Questa storia è tratta da una leggenda aurea scritta da Jacopo de Varagine nel XIII sec.
Per secoli Giorgio è onorato da tutte le chiese cristiane, che ammettono il culto dei santi, ed è onorato anche dai mussulmani come profeta. Ci sono molte chiese dedicate al suo culto nel Nord africa, in particolare in Egittoed in Libia. San Giorgio è’ menzionato nel calendario giuliano il 23 aprile, mentre le chiese cristiane slave ortodosse lo festeggiano il 6 di maggio.
( il calendario giuliano ,è il calendario solare basato sul ciclo delle stagioni, elaborato dall’astronomo greco Sosigene d’Alessandria, vissuto nel 1 sec. dell’era antica).
I Rom hanno scelto San Giorgio come loro protettore per essere come loro sempre in continua peregrinazione; i Rom dei Balcani lo festeggiano il 6 di maggio come DUREDEVAN O giorno di Giorgio.
La leggenda metaforizza – l’equinozio di primavera – cioè la sconfitta del rigido inverno (o la morte del drago feroce che nelle rigide notti d’inverno miete molte vittime tra i rom ).
I Rom dei Balcani chiamano questa festa anche ERDERLEZ – dal turco HIDIRELLEZ.
La notte tra il 5 ed il 6 maggio le chiese cristiane ortodosse festeggiano San Giorgio mentre ed il 6 di maggio nelle moschee si festeggia Hizir (Al-Kadhir) uomo saggio ed errante.
Hizir che placa la turbolenza delle acque e dei temporali nell’irrompente primavera
I due profeti – Giorgio e Hizir- per i Rom mussulmani s’incontrano sulla terra per rinforzare i nuovi germogli, però soprattutto per proteggere le popolazioni nomadi dagli ultimi colpi di coda del gelido inverno e dalle rinascenti turbolenze della risvegliata primavera;
potenze naturali agite da ILYAS antica divinità dell’acqua pagana e persiana, che i Rom hanno appreso a conoscere nelle loro lunghe peregrinazioni da tra ed occidente. IlYAS antica dea dell’acqua, dei temporali e della germogliazione che i zoroastriani chiamavano ANAHITA, che sono entrambe per lo spirito sincretistico Rom la simbolizzazione dell’antica divinità indiana VISNU,che nell’antica religione vedica aveva caratteri cosmici e solari, ed dell’evoluzione dell’esistenza tutta del vivente. Queste antiche divinità pre-monoteistiche raggruppano il sé le ambivalenti potenze della natura, mentre successivamente con l’affermarsi delle religioni monoteiste si tese alla separazione e alla contrapposizione tra opposte potenze naturali o spirituali, definite a aprioristicamente del bene o del male, la primavera buona e l’inverno cattivo, il santo ed il profeta da lato buono ed il drago e le potenze naturali matrigne e crudeli . Si contrappongono potenze avverse, si demonizza e si spiritualizza, e si non si sa più cogliere gli aspetti controversi ma vitali che compongono le diverse nature, umane e non umane. Per i mussulmani il profeta Hizir come Giorgio vagano sulla terra, soprattutto in primavera, e aiutano le genti nomadi nella vulnerabilità della loro esistenza e nell’arrischiata vita errante sempre esposta alle turbolenze delle potenze naturali in tende o roulotte in ogni stagione. Hizir è considerato dai mussulmani fonte di bontà e portatore di nuova vita e di salute. Hizir come Giorgio, rappresenta la potenze sovra-naturali, capaci di proteggere le genti nomadi esposte alle vitali potenze naturali che si scatenano in questo tempo di rigenerazione, e l’inverno simboleggia in questa lotta naturale la morte bianca e la primavera la rosa-verde vita. Il primo giorno di primavera corrisponde al giorno in cui s’incontrano sulla terra HIZIR santo profeta protettore degli umani nomadi mussulmani ed ILYAS la crudele persiana divinità naturale dell’acqua e dei temporali suscitatrice di vitalità germogliante.
In questo giorno di festa DI EDERLEZI O DI DUREDEVAN le donne Rom confezionano ghirlande di fiori, puliscono le case e nella notte chiara e stellata si beve, si mangia, si canta e si sta insieme pacificamente e spensieratamente ed è quello che ai Rom piace della vita.
La vita del giorno per un Rom è dura, pesante e inquieta ancora oggi, simile per alcuni aspetti alla vita dei proletari o delle genti della terra prima della rivoluzione francese, condizioni esistenziali e sociali brillantemente narrate da uno storico francese come Jean Michelet in una delle sue opere maestose e poetiche, la strega, in cui questi esseri ridotti a miserabili nelle vite diurne, ritrovavano nella notte il momento più importante della loro esistenza ,ove potevano rivivere insieme libertà perdute nel giorno, e nello stesso tempo sentivano come una minaccia il giungere dell’alba, nera che li avrebbe riportati di nuovo in quello stato di sottomissione,e servile vita di sopravvivenza; nelle loro notti festose sobrie, comuni e gioiose aspiravano ad una loro alba rossa ove libertà, giustizia sociale e fratellanza li avrebbe riconsegnato quella dignità sperata, ed abbondanza sognata nella notte.a Anche per i Rom la notte è ritrovata gioia,spensieratezza, leggerezza seppur sobria dimenticanza delle difficili condizioni materiali posti dal giorno alla loro sopravvivenza.
Conversazioni con Aghiran all’XM 24 per ritrovare i contenuti per il 13 maggio 2017
Parliamo dei contenuti che non devono che toccare lateralmente gli aspetti religiosi ma piuttosto ricercare sotto di essi, le perdute dimensione simboliche antiche che riguardano tutti gli umani,rom o non rom, per ritrovare in questa festa comune di Rom, Sinti e gagi di Primavera, la convivialità e lo spirito onirico e poetico delle notti Rom, incontri comunitari che sempre si svolgevano nella notte attorno ai fuochi e sotto cieli stellati illuminati spesso dalla luna e rallegrati da canti, musiche di violini, fisarmoniche, chitarre ed altri strumenti inventati.
La notte per i Rom ha rappresentato sempre un momento importante di sospensione dello stress del loro difficile vivere o sopravvivere quotidiano in una società spesso ostile.
In queste occasioni di incontri notturni comunitari – familiari si beve, si mangia, si canta si balla, si danza alla romanes insieme quello che piace ai rom della vita.
Per noi Gagi dico ad Aghiran anche momento per rafforzare legami di ospitalità ed accoglienza con queste minoranze culturali spesso stigmatizzate e marginalizzate alle periferie delle nostre sempre più dilatate e devastate città-metropolitane.
Con Aghiran parlo anche dell’ospitalità antica per noi Gagi mediterranei.
Ospite deriva hospes-itis ….hostipotis o signore dello straniero Colui che sa comportarsi in modo signorile con lo straniero o forestiero
Ospite da un punto di vista linguistico la parola ’ospite’ è una paroma enatiosemica(enatìos, gr. contrario,sema,gr. segno ), cioè sono quelle parole che hanno significati opposti, cioè indica sia chi ospita, sia chi è ospitato.
Edward Pocock (1604-1691)teologo orientalista inglese rilevava che in diverse lingue antiche –ebraico, aramaico e arabo – sono presenti forme di enatiosemia; In italiano es. ci sono altre parole enatiosemiche oltre a ospite anche laico che indca sia religioso non consacrato sia non religioso.
Ospite per me figura singolare, che unisce in modo inscindibile l’ospitato dall’ospitante.
Ospite sostantivo che indica in questa sua unicità significante, l’inseparabilità dell’ospitato e dell’ospitante, e costituente una comune origine relazionale.
Ospite è una figura anche etica oltre che relazionale, delle nostre genti mediterranee suggerisco ai miei interlocutori.
Perfino il symballein o il simbolo costituente la nostra dimensione culturale e di riconoscimento reciproco, trasmesso dagli antichi greci nasce da questa capacità che ha un oggetto o un sintagma, considerato di volta in volta come simbolo di rappresentare significati per entrambi i locutori o parlanti o scambianti. Per esemplificare si prendeva un oggetto materiale, lo si divideva in due parti uguali, ad ognuno veniva data una parte in modo che le persone incontrandosi dopo anche molto tempo potevano immediatamente riconoscersi amici in quell’oggetto spezzato, semplicemente unendo le parti , potevano ritrovare immediatamente i significanti di un antico patto d’amicizia , ma poteva essere anche di altra natura.
In quanto all’ospitalità Goethe, filosofo naturalista germanico e cosmopolita, sosteneva in una sua lirica dedicata, ad una minoranza tedesca cacciata da Strasburgo divenuta territorio francese negli anni successivi alla rivoluzione 1789 e nella stessa ad un’altra minoranza protestante cacciata nell’epoca della Riforma dai regnanti cattolici austriaci di Salisburgo, che noi siamo tutti anche se insediati in un territorio, eterni ospiti sulla terra simile a coloro che devono errare per , qualche ragione o torto, ed è per questo che dobbiamo riconoscere nell’erranza la nostra perdurante umanità.
ELABORATO da Pino de March
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